Se invertiamo lo sguardo ed il racconto sulle aree interne, esse possono ritrovare un nuovo appeal. Attraendo soprattutto i giovani. Tanti di essi già oggi scelgono di rimanere a vivere nei borghi. La riscoperta di questi luoghi emerge da una ricerca fatta dall’associazione “Riabitare l’Italia”, intitolata “Giovani dentro”. Una prospettiva interessante che può coinvolgere anche il Sannio, se permette ai giovani di coltivare i loro sogni, garantendo servizi, occasioni di lavoro, momenti di svago e crescita culturale. Insomma, rendendoli protagonisti del proprio futuro, liberi dai meccanismi perversi dei condizionamenti politici e clientelari.
“Con la nostra ricerca – ha osservato Andrea Membretti- abbiamo raggiunto tremila persone nella fascia d’età tra 18 e 39 anni, per capire il tema della “restanza”, dei cosiddetti neo montanari. Abbiano trovato tante situazioni in cui i giovani decidono di restare nelle loro terre per scelta consapevole e volontaria. Tanti sono orientati a rimanere se possono realizzare un proprio progetto di vita e di lavoro. Dalle risposte ricevute si è visto che le aree interne possono essere riconsiderate come una risorsa”.
Tra le motivazioni più convincenti a rimanere spiccano la buona qualità dell’ambiente, ottime relazioni sociali ed anche l’inferiore costo della vita, mentre tra le ragioni che spingono ad andare via ci sono il desiderio di nuove opportunità di lavoro e culturali, la carenza di servizi, che nel proprio paese non ci sono. Nelle aree interne vive il 20 per cento della popolazione italiana, cioè circa 13 milioni di abitanti, distribuiti in oltre 4 mila comuni, che occupano il 60 per cento del territorio nazionale.
La necessità di una nuova attenzione verso questa parte importante, ma spesso dimenticata, è stata rilanciata nei mesi scorsi dai vescovi italiani, che proprio a Benevento tennero un interessante convegno, coordinati dall’arcivescovo Felice Accrocca. La nuova occasione di confronto, offerta, via facebook, dal “Laboratorio per la felicità pubblica”, animato da Ettore Rossi, ha continuato il cammino, puntando i riflettori sulle risorse e le opportunità da mettere in campo per aprire ai giovani uno spiraglio per restare.
“Dopo tanti convegni, l’agenda politica e governativa -ha sottolineato Giuseppe Addabbo, sindaco di Molinara- non è ancora attenta a questa situazione di spopolamento e desertificazione. Un pezzo rilevante dell’Italia rischia di scomparire. Il nostro territorio è ricco di risorse ambientali. Qui potremmo realizzare un "Distretto Energetico" collegato al vento, visto l’ampio parco di pale eoliche che abbiamo. Si tratta di trovare un accordo tra comuni e società del settore per ridurre il costo dell’energia ai cittadini e alle imprese”.
La convergenza d’intenti sarebbe utile anche per potenziare la sanità con la medicina di base, per avere collegamenti e strade efficienti, per l’istituzione delle "Zone Economiche Speciali". Per incoraggiare i giovani a rimanere bisogna facilitare l’accesso al credito, ridurre la burocrazia, aumentare la connettività e dare loro una formazione adeguata in agricoltura, perché, secondo Membretti, “l’agricoltore è custode del territorio, ma ha bisogno di un riconoscimento pubblico, dal momento che il suo status attuale è poco considerato”.
“C’è la corsa a spostare tutto nelle città -ha aggiunto Vito Fusco, sindaco di Castelpoto- col rischio di ingrossare le loro periferie, mentre nei borghi abbiamo un patrimonio storico, architettonico, edilizio, notevole, che stiamo buttando a mare. Nel mio comune ci stiamo dotando di un "Piano Strategico" e abbiamo dato vita ad un "Incubatore di Comunità", chiamando tutti i nostri ragazzi residenti, che studiano fuori, in Italia o in Europa, per chiedere loro un contributo di idee e preparare un possibile ritorno sul territorio. L’iniziativa dei sindaci non è sufficiente. Non siamo eroi. Ci vuole un grande Piano d’investimenti nel Mezzogiorno”.
Nel dibattito, moderato da Rossi, sono intervenuti la ricercatrice Giulia Cutello, il sindaco di Sant’Arcangelo Trimonte, Rocco Rossetti, don Matteo Prodi, il sociologo Mauro Giardiello, il vicesindaco di Campolattaro, Dionisio Lombardi, l’ingegner Bartolo Castellano e la docente Sonia Caputo. Tutti hanno chiesto una maggiore collaborazione tra i soggetti del territorio e di non inseguire iniziative isolate, per non ricadere nelle famose cattedrali nel deserto. Quando è arrivato il momento del sindaco di Baselice, Lucio Ferella, se n’è andata la corrente elettrica, un problema del Fortore, soprattutto durante le nevicate.
“Siamo lontani da ogni idealizzazione o romanticismo -ha concluso Membretti- rispetto alla “restanza”. Non vogliamo costruire la retorica per la quale nei borghi “il tempo si è fermato”, “si può tornare a vivere come una volta”. Dai dati emersi, però, scopriamo che questi ragazzi che hanno deciso di restare attribuiscono un valore nuovo alla dimensione locale, puntano ad una mobilità che faccia da cucitura tra aree interne e metropoli, tra pianura e area costiera, hanno insomma un altro modo di vedere le cose”. Forse hanno capito, per dirla con Addabbo, che ha citato il paesologo Franco Arminio e Celentano, che “dobbiamo cambiare le dicerie sulle aree interne”, perché vivere qui è davvero rock, mentre vivere nelle città è lento.
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