Da don Lorenzo Milani a Papa Francesco, da Leopardi a Pirandello, da Pulcinella a Totò, con tante domande sulla scuola e sulla filosofia, sulla musica e sulla storia, avendo sempre come stella polare la Costituzione Italiana. Una miriade di sentimenti forti e interroganti si dipana nel libro di Amerigo Ciervo,”Storie del tempo liberato”, pubblicato qualche anno fa dalla Delta Edizioni di Grottaminarda, con la prefazione di NIcola Sguera. Un percorso intriso di nostalgia e di ironia, ma molto proiettato nel futuro.
L’autore si confessa e si racconta dopo aver chiuso l’intensa esperienza scolastica di docente di storia e filosofia, ma tiene aperto il dialogo coi giovani, sui temi a lui più cari, dalla passione politica a quella sportiva. Non a caso il sottotitolo è “Scritti sparsi sulla scuola e altri amori”. Così sulla scia di don Milani e della sua “Lettera a una professoressa”, nella prima parte, immagina di scrivere una “Lettera a una studentessa”, che chiamerà Marta, con la quale ragionerà sulla società e sul mondo.
Dopo la lunga cavalcata nella scuola, ora passa il suo tempo libero tra “la lettura e la scrittura”. Ricorda i tempi delle “levate antelucane” per andare ad insegnare a San Marco dei Cavoti e San Bartolomeo in Galdo, prima di approdare al Liceo Classico “Giannone” di Benevento, l’orgoglio del padre per avere un figlio professore nell’importante istituto di Piazza Risorgimento. Qui e là irrompono tematiche di attualità e di cronaca.Con la ragazza si interrogherà sul dramma di Avetrana e di Eluana e non mancherà di apprezzare “le prediche di Francesco, le uniche cose di sinistra che è possibile ascoltare di questi tempi”.
Sullo sfondo emerge il paese nativo di Moiano, con le belle tradizioni del Natale e del “giorno delle bottiglie”, i primi contatti con la politica in occasione del referendum sul divorzio nel 1974, le ricerche demoetnomusicologiche sul Sannio beneventano, che porteranno alla costituzione del gruppo “I Musicalia”. Fanno capolino nel libro le filastrocche dell’infanzia, i riti del Carnevale e la profonda religiosità della Valle Caudina, i primi canti delle donne contadine.
La seconda parte del libro racchiude una serie di “dialoghi intensi e appassionati” con un gruppo di ex alunni. Tra le sue allieve più care Ciervo dedica un pensiero a Carlotta, volata via a soli 24 anni. L’autore lancia le sue sferzanti critiche alle ultime riforme tentate per la scuola e se la prende con le “politiche neoliberiste che hanno contribuito ad allargare la forbice sociale, con l’affermazione di una “falsa meritocrazia”. Non meno tenero si mostra verso l’Esame di stato, che appare come “una grottesca pupazzata” , per dirla con Luigi Pirandello, che ci avrebbe scritto su una commedia.
Per Ciervo c’è bisogno di ritrovarci tutti in “valori sociali condivisi” e andare verso quella convivenza civile auspicata da Giacomo Leopardi. Ma il nostro riscatto, conclude ironicamente, potrà venire anche dalla figura di Pulcinella, “il santo patrono della filosofia”, che, “come un bambino che si stupisce del mondo, non si arresta alla prima risposta, che non gli basta, e continua con i suoi “e pecchè?”. Del resto la radice della filosofia sta nello stupore. C’è un filo rosso tra Pulcinella e Totò, che si prende gioco della morte ed inneggia con ilarità alla vita.
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