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Direttore Antonio Esposito

L'inchiesta sulla Provincia tra ricorsi e intercettazioni scottanti - Il presidente Di Maria contro i tecnici e la guerra con Nardone
 

sab 19-02-2022 09:57 n.142, a.e.

L'inchiesta sulla Provincia tra ricorsi e intercettazioni scottanti

Il presidente Di Maria contro i tecnici e la guerra con Nardone


“Questi tecnici fanno quello che vogliono” e “Dobbiamo fermare Franco Nardone”. Questi, in sintesi, gli aspetti più inquietanti dell’inchiesta sulla Provincia di Benevento. Da una parte la guerra tra la parte tecnica e quella politica per il controllo capillare degli appalti e dall’altra il tentativo continuo di bloccare chi chiede il rispetto della legalità, visto come un rompiscatole. Due elementi portanti , che emergono nelle numerose e dettagliate intercettazioni telefoniche, riportate nelle 526 pagine dall’ordinanza della magistratura.

Dopo il 24 novembre 2021, quando scattarono gli arresti domiciliari per otto persone, con in testa il presidente Antonio Di Maria, sulla vicenda si riaccendono i riflettori. Perchè il Pm Francesco Sansobrino non ci sta, non condivide l’annullamento delle misure cautelari, deciso dal Tribunale del Riesame nel dicembre scorso per Di Maria ed il dirigente tecnico Angelo Carmine Giordano. Per questo il sostituto procuratore ha presentato un ricorso alla Suprema Corte di Cassazione, ribadendo tutto il quadro accusatorio iniziale.

L’ex numero uno della Rocca dei Rettori è accusato di turbativa di gara e di tentata induzione indebita. Secondo l’indagine, condotta dai carabinieri e diretta dalla Procura di Benevento, avrebbe condizionato alcune gare d’appalto a Circello e a Guardia Sanframondi ed avrebbe deciso la nomina dell’ingegner Giordano a dirigente della Provincia, senza seguire tutte le procedure legali previste. Gli avvocati difensori di Di Maria, Antonio Leone e Giuseppe Sauchella, hanno precisato che “i motivi del ricorso attengono esclusivamente all’annullamento dei capi d’accusa e non riguardano alcuna richiesta cautelare”.

Rileggendo le fitte pagine dell’inchiesta, viene fuori un consolidato sistema spartitorio degli appalti. Per i giudici il regista sarebbe Michelantonio Panarese, funzionario della provincia, che si trova ancora agli arresti domiciliari, insieme a Nicola Laudato, Antonello Scocca, ed alcuni imprenditori casertani e napoletani. Per il presidente Di Maria, reintegrato come sindaco di Santa Croce del Sannio, rimane in piedi la sospensione di dieci mesi.  L’ingranaggio, anche se ben oleato, ad un certo punto si inceppa, perché qualcuno decide di parlare. La prima denuncia arriva proprio da un tecnico della provincia.

Si tratta dell’ingegner Stefania Rispoli, che un giorno sul suo tavolo trova una cartellina con dentro mille euro. Un “regalo” che le avrebbe consegnato Panarese per ammorbidirla su alcune gare d’appalto. Ma la donna non ci sta, comunica la cosa al Responsabile dell’Anticorruzione e della Trasparenza, Franco Nardone, che la invita ad andare dai carabinieri ed in Procura.Qualche anno dopo, nel gennaio 2020, sarà lo stesso Nardone a fare la stessa strada per denunciare le pressioni e i numerosi tentativi del presidente Di Maria per esautorarlo dal suo ruolo di segretario e direttore generale della provincia.

Sullo sfondo si legge il duro scontro tra i protagonisti della vicenda, che, secondo la Procura, si muovono per trovare “un equilibrio tra la parte politica e la parte tecnica che negli ultimi anni aveva preso il sopravvento nel decidere le sorti delle aggiudicazioni delle gare pubbliche, in favore di soggetti ora vicini agli uni ora agli altri”. La parte del leone fatta dai tecnici provoca l’irritazione del presidente Di Maria e del suo capo staff, Renato Parente, che in alcune intercettazioni ritengono la situazione insopportabile.

In una telefonata tra i due, dell’ottobre 2019, si parla del via vai di imprenditori presso gli uffici della provincia, che, dice Parente “entrano ed escono, da noi non vengono”, “a nome nostro fanno i cazzi loro. Ma ti rendi conto? Antò, a nome nostro fanno quello….Poi riferendosi agli appalti per nove scuole, Di Maria osserva : “Telese e Cerreto se le fottevano loro, a noi ci volevano dare  Circello e Guardia. In poche parole eravamo sette a due”. Poi conclude sconfortato: “Ma se si continua a spendere così i soldi, preferisco mandarli indietro”. Sulla stessa linea Parente: “Guarda è uno schifo, uno schifo”.

Alla Rocca la tensione sale anche nei rapporti tra il presidente e Franco Nardone, che, per difendere i propri diritti si rivolge al giudice del lavoro. “Il mio incarico -racconta l’ex segretario e direttore generale- veniva rinnovato ogni tre mesi, mentre per la legge deve durare almeno tre anni. Ora leggo sui giornali che per Di Maria le mie accuse nei suoi confronti sarebbero frutto di astio. Mi sono rivolto alla Procura nel gennaio 2020, dopo una lunga serie di azioni tendenti ad esautorarmi dal mio ruolo per tutto il 2019. Prima perdo l’incarico di direttore generale, poi vengo messo in ferie. Quando arriva il Covid non posso spostarmi perché siamo in zona rossa, né posso andare a lavorare altrove. Quindi l’astio è suo verso di me”.

Il contrasto tra i due scoppia anche sulla nomina di Giordano, che per Nardone , sarebbe inopportuna perché il tecnico non avrebbe il curriculum giusto  e perché è coinvolto in alcune inchieste giudiziarie. Quando vede calpestate le sue prerogative, il segretario direttore fa ricorso al giudice del lavoro. Bisogna fare qualcosa per fermarlo. Il presidente parla col suo braccio destro, Parente, chiedendo di conoscere il nome del giudice, nella speranza di poterlo avvicinare.

Il dialogo tra i due è trascritto in una intercettazione dell’ottobre 2019, a pagina 356 dell’ordinanza. “Disse che avrebbe presentato il ricorso -rileva Parente- e l’ha fatto”. “Dice che ho fatto abuso d’ufficio- aggiunge Di Maria- nella selezione, c’era uno con 110, se hai preferito uno che ha preso novanta. Quanto cazzo ha preso Nicola. Ci dobbiamo difendere buono Renà, perché il giudice del lavoro di solito difende i dipendenti. Hai capito? Poi dobbiamo vedere chi è questo giudice , qua ci dobbiamo arrivare”.

Quando Parente rivela che il nome del magistrato è Claudia Chiariotti, il presidente subito lo incalza. “Però -insiste- con questa Chiariotti ci devo parlare Renà”. E Parente risponde: “La conosco, abitava nel mio palazzo da ragazza, hai capito?”.  Poi Di Maria suggerisce : “Mi hanno detto che questa è una cosa che deve fare Sauchella, perché lui traffica in Tribunale”. Nel frattempo Parente è stato eletto presidente del Consiglio comunale.

“Mi hanno messo tanti bastoni tra le ruote -conclude Nardone- fino alla revoca dell’ottobre 2020. Il giudice del lavoro mi ha dato torto. Ma questa inchiesta dimostra che il presidente operava contro di me. Per revocarmi  ha fatto un decreto e non un atto deliberativo. Io sono vittima del dovere”.

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