Il sentiero della memoria ha unito tanti luoghi della città. Dalle istituzioni alle scuole, dalla chiesa agli avvocati. Con un fiore, un ulivo, un tema, una poesia, una preghiera. Per ricordare l’assassinio di Raffaele Delcogliano e Aldo Iermano, quarant’anni dopo quel terribile 27 aprile 1982, che scosse profondamente la Campania e soprattutto Benevento ed il Sannio. Un delitto compiuto dalle Brigate Rosse per stroncare i tentativi del giovane assessore regionale, che sognava di “mettere ordine” nella boscaglia dei corsi della formazione professionale, spesso fonte affaristica del clientelismo politico e della criminalità organizzata.
Le iniziative per il ricordo sono state promosse dall’associazione “Libera”. “Sabato pomeriggio –rileva il referente provinciale Michele Martino- in Villa Comunale, abbiamo raccontato la loro drammatica vicenda a bambini di sei anni. Quella di Raffaele e Aldo è una storia di amicizia, ma anche una storia di onestà e di senso del dovere. L’assessore beneventano aveva appena 38 anni e sognava un Sannio non isolato, con nuove infrastrutture, con tante occasioni per far ritornare gli emigranti. Quel sogno rimane tale, se dopo 40 anni stiamo ancora a parlare del completamento della Fortorina, del raddoppio della Telese-Caianello, dei problemi della Ferrovia Valle Caudina. Ma quel gesto atroce ha messo in cammino un’intera comunità”.
La riflessione sull’anniversario, partita al mattino nell’Auditorium di Snt’Agostino, con la partecipazione e la premiazione degli studenti delle scuole superiori, si è snodata per tutta la giornata e si è conclusa nel Piazzale “Aldo Iermano”. All’imbrunire, nei giardini dell’Università “Giustino Fortunato”, è stato piantato un ulivo. Sulla targa posta ai piedi dell’albero sono scolpite le parole di Maria Teresa Principe, madre di Delcogliano. “Che vengano qui a vedere com’è fatto il dolore, che cos’è la vita. Toglieteli dalle gabbie, perché imparino a conoscere chi sono le loro vittime. Sparano ai simboli, ma uccidono uomini”.
“Mio padre Aldo faceva il bidello –spiega il figlio Antonio, che aveva 20 anni al tempo dell’omicidio- presso il centro di formazione professionale “Galanti” di Viale Mellusi. Con Raffaele si erano conosciuti sul campetto di calcio del “Collegio La Salle”. Giocava da ala destra, mentre l’avvocato stava in porta. Quando Delcogliano fu nominato assessore, lo volle come suo autista. Accettò subito, perché gli amici non si lasciano mai da soli. Sapevano i rischi che correvano. Nei vari blitz fatti insieme trovarono spesso scuole in case private, aule vuote, matite non temperate lasciate sui banchi. Hanno continuato fino alla fine”.
Nel marzo 2015, Michele Martino ha chiesto scusa per “non esserci stati”. Poi il ricordo è fiorito in mille modi. Il giovane Umberto Pepe ha dedicato la sua tesi a quel dirompente momento storico. “La notizia dell’attentato -scrive oggi- fece piombare un velo drammatico sulla provincia sannita. La mia scelta, nata soprattutto per ricordare i due uomini, vuole essere anche un monito a non sottovalutare gli eventi in base alla distanza geografica. Come sta accadendo con la pandemia e la guerra in Ucraina”.
Un alunno dell’Istituto Lucarelli, Antonio Tortona, vincitore l’anno scorso del “Premio Artistico Letterario”, con una poesia, amplia lo sguardo e vede in quell’assassinio un attacco “contro la democrazia, la libertà di pensiero e di espressione”. “Raffaele e Aldo -sottolinea lo studente- hanno lottato contro le ingiustizie e l’oppressione della criminalità organizzata, volevano rendere i luoghi della loro infanzia posti migliori”.
L’approdo di Delcogliano sulla scottante poltrona di assessore alla formazione professionale decise il suo destino. Il politico beneventano era diventato la punta di diamante della corrente dorotea sannita che faceva capo all’europarlamentare del tempo, Roberto Costanzo, mentre nel campo basista demitiano emergeva Clemente Mastella. Quando arrivò alla Regione era animato dal desiderio di cambiare le cose, in un settore delicato e complicato.
“Aveva deciso di fare pulizia -scrive Luigi Grimaldi nel libro “Nessuno salva l’assessore” del 2007- si era rivolto finanche alla magistratura per chiedere un’indagine sui corsi professionali. Il neo assessore, insomma, era visto come un democristiano nuovo. Tra le sue frasi si ricorda quella nella quale invitava i giovani a non pensare di stabilire con lui “un rapporto in chiave clientelare”. “Con questi discorsi -aggiunse- non voglio salvare nessuno, ma forse non salvo neanche me stesso”. Dopo un convegno a Caserta, dove aveva espresso le sue idee di riforma, confidò al suo autista: “Sono seduto su una polveriera”.
Per il delitto Delcogliano-Iermano, quindici terroristi sono stati condannati all’ergastolo con la sentenza del 6 maggio 1986.La ricostruzione di quell’attentato è stato fatta con scrupolosa e puntuale ricerca da Luigi Grimaldi, nel suo secondo libro, uscito nel 2017 per le Edizioni Melampo, col titolo “Il patto infame”. Per l’autore, quell’assassinio fu commissionato dalla camorra, perché in quegli anni erano evidenti gli intrecci tra terrorismo politico e criminalità organizzata, venuti a galla anche per altre vicende.
|