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La musica che affratella i popoli e sconfigge le ragioni della guerra - Moni Ovadia:"Il nazionalismo č la pių grande pestilenza della storia"
 

dom 01-05-2022 23:24 n.175, a.e.

La musica che affratella i popoli e sconfigge le ragioni della guerra

Moni Ovadia:"Il nazionalismo č la pių grande pestilenza della storia"


"Quando a Moni Ovadia chiesero se Gesù fosse intonato o stonato, rispose che forse non aveva una voce bella , ma certo aveva un'espressività perturbante e gioiosa come quella di Luis Armstrong. Fa un certo effetto l'idea che Gesù abbia fatto il discorso sul monte ai beati costruttori di pace col tono alla Armstrong. Ma Ovadia ha detto anche che i "mostri" della storia, come HiItler, sono il frutto della modernità. Io aggiungo della "modernità capitalistica". Quindi si ribalta il concetto di Francesco Goya, perchè è la ragione stessa che genera mostri, la ragione moderna e capitalistica. L'esempio più evidente è la guerra di oggi che esplode per cause eminentemente, brutalmente, rozzamente economiche, che covano dentro le tendenze di fondo dell'accumulazione capitalistica".

La riflessione puntuale e stringente è di Emiliano Brancaccio, docente dI Politica Economica all'Unisannio, che, indagando i rapporti tra arte e scienza, ha voluto così presentare il concerto di Moni Ovadia, tenutosi nell'Auditorium di Sant'Agostino, nell'ambito della stagione concertistica organizzata dall'Accademia di Santa Sofia in collaborazione con l'ateneo sannita. 

"Gli opinionisti d'occidente -ha continuato il professore- tentano di convincerci che siamo entrati in guerra per difendere la democrazia e la libertà e i loro oppositori d'oriente tendono a ribattere che la guerra serve invece a denazificare il territorio, ma tutte queste, dall'una e dall'altra parte, sono soltanto narrazioni ideologiche, sono quelle che Marx avrebbe definito "falsa coscienza". La verità, purtroppo, è che la guerra scoppia a causa non di sacri diritti negati, ma di profani contratti mancati. Non è lo sfregio di un diritto violato, ma piuttosto l'onta di un affare perduto alla base di tutto. Questo vale per la Jugoslavia, l'Iraq, l'Afghanistan, la Libia, la Siria e altri 59 conflitti in corso nel mondo".

L'arte può ispirare la scienza e la conosenza, come la musica di Ovadia può aprire nuovi sguardi sul mondo. L'artista è partito dalla necessità della "fratellanza universale", leggendo un brano tratto da "I Racconti di Bosnia" dello scrittore jugoslavo Ivo Andric', Premio Nobel per la letterattra nel 1961. Che parla dei ponti, "più belli delle case", quei ponti di legno, di ferro, di pietra, che attraversano e uniscono tanti paesi. Ha raccontato la disputa nata  in un bar sulla canzone "Who's this song", contesa da bulgari, greci, serbi e macedoni, per concludere che "il nazionalismo è la più grande pestilenza della storia dell'umanità". 

Il poliedrico Moni Ovadia ha regalato voci e suoni di un mondo multiculturale, col concerto "Il Magreb incontra i Balcani", accompagnato dal gruppo "Rom Arab Beat", composto da Paolo Rocca, Ziad Trabelsi, Primiano Di Biase, Simone Talone e Fiore Benigni. Coinvolgendo il folto pubblico con spiegazioni culturali, aneddoti e notizie storiche sugli usi e le tradizioni della sua terra d'origine e sulla contaminazione dei linguaggi. Suscitando intense emozioni con musiche arabe e balcaniche, tipiche di danze e ballate popolari.

Questo appuntamento e quello con Uto Ughi, dedicati alla beneficenza, hanno consentito di raccogliere complessivamente 4450 euro per “La scuola della pace”, progetto della Comunità di Sant'Egidio di Benevento, ideato per aiutare concretamente, con l’integrazione e l’inserimento scolastico, i bambini del quartiere cittadino di Santa Maria degli Angeli.Gli organizzatori hanno consegnato i fondi nella stessa serata. 

 "Moni Ovadia -sottolinea Monica Carbini, addetto stampa- è un interprete unico e inimitabile, definito da qualcuno “saltimbanco sospeso tra cielo e terra”,  è attore teatrale, drammaturgo, scrittore, compositore e cantante italiano di discendenza bulgara, ebraico-sefardita, paladino della cultura yiddish e mitteleuropea, fervente studioso costantemente dedito al recupero e alla rielaborazione del patrimonio artistico, letterario, musicale e religioso degli ebrei dell'Europa orientale".

Il concerto ha abbracciato linguaggi e sonorità di tanti popoli e paesi, dalla Grecia al Maghreb, dall’Europa centrale all’Italia, al Medio Oriente, strumenti antichi e moderni, europei e africani. I momenti più belli e coinvolgenti sono arrivati con "Il barcaiolo", in greco,  con "Scetate", celeberrima canzone napoletana del 1887, cantata in arabo dal bravo Ziad Trabelsi, con "Bella Ciao". L'artista ha salutato Emiliano Brancaccio, come un "faro" del pensiero economico contemporaneo, e poi si è congedato ballando il sirtaki ispirato alla "Danza di Zorba"  e con una piccante barzelletta yiddish.




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