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La Diga di Campolattaro tra grandi attese, dubbi e interrogativi - Roberto Costanzo: "Con la galleria si porterà l'acqua fuori dal Sannio"
 

ven 06-05-2022 08:12 n.176, di Antonio Esposito

La Diga di Campolattaro tra grandi attese, dubbi e interrogativi

Roberto Costanzo: "Con la galleria si porterà l'acqua fuori dal Sannio"


La più grande opera pubblica del Mezzogiorno. Un progetto strategico per il Sannio e le zone interne.  Suonarono molte trombe due anni fa per annunciare il definitivo decollo della Diga di Campolattaro. Sarà veramente una svolta per dare piena autonomia idrica alla provincia di Benevento e alla  Campania? Il piede sull’acceleratore è stato messo dalla regione nel dicembre scorso con la delibera 614, che stanziava i fondi necessari a far partire l’invaso, aggiungendoli a quelli del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, nel quale è stata inserito dal governo Draghi. Per un costo complessivo di 478 milioni di euro.

Ma la prima lettura del progetto suscitò subito molte perplessità nelle associazioni agricole, che chiedevano di far camminare insieme gli interventi per l’uso potabile, con quelli  per l’uso irriguo. Nel gennaio scorso, la Coldiretti chiese con una lettera aperta di marciare all’unisono sui due livelli. “Dopo la nostra protesta -sottolinea Gennarino Masiello, presidente dell’organizzazione agricola- sono stati inseriti 60 milioni di euro per realizzare un adduttore per l’irrigazione dei terreni, per noi “opera principale”  come quella potabile”.

Le aspettative per i possibili benefici della diga sono tante, anche perché se ne cominciò a parlare 70 anni fa. “La prima idea -ricorda l’ex europarlamentare europeo Roberto Costanzo- risale al periodo successivo alla terribile alluvione dell’ottobre 1949 a Benevento. Si progettarono tre dighe, una a Civitella Licinio sul fiume Titerno, un’altra ad Apice sull’Ufita , e quella di Campolattaro sul Tammaro, che è l’unica che è stata realizzata”. Il progetto è passato dalla Cassa per il Mezzogiorno all’Agensud e infine alla Provincia, che negli ultimi 20 anni l’ha gestita fino all’imminente collaudo. Spesa totale 300 miliardi di lire.

Per fare presto, il governo ha nominato nel luglio scorso il commissario Attilio Toscano, col quale bisognerà necessariamente confrontarsi per disegnare il futuro della diga. Perché gli aspetti da chiarire sono ancora molti. Chi la gestirà? Quali territori saranno serviti? Che ruolo avranno la Provincia di Benevento e la Regione Campania? “Apriamo un dibattito -sostiene Umberto Del Basso De Caro, deputato del Pd-incontriamo il commissario, chiamiamo le associazioni. La città di Benevento prende acqua dal Molise e dall’Irpinia. La diga è proprietà dello Stato, è un’opera pubblica, è di tutti. Occorre uno sforzo corale per sfruttarla in maniera intelligente. Un ruolo importante spetta alla provincia e agli enti locali".

Sfogliando le carte, qualcosa non quadra. Il principale dubbio è collegato al traforo previsto da Campolattaro a Ponte, di circa otto chilometri. Questa galleria fu progettata negli anni novanta. “Mea culpa o nostra culpa -spiega Costanzo- non ci accorgemmo che con quell’operazione, in effetti, si trasferiva l’acqua del Sannio altrove. Questo punto lo feci presente già due anni fa, quando Vincenzo De Luca venne a Benevento a decantare l’opera. Questo significa che si vogliono servire i territori della Valle Telesina e soprattutto dell’area casertana. Si può anche fare, ma va concordato e programmato".

L’incontro alla Rocca dei Rettori con Fulvio Bonavitacola, vice presidente della regione, il 22 aprile scorso, ha  mirato a diradare le nubi, anche se Masiello non è rimasto soddisfatto, perché, a suo avviso, “il progetto non servirà a irrigare neanche un ettaro in più nel beneventano”. Il timore che per l’uso irriguo possano avvantaggiarsi solo zone non rientranti nella provincia di Benevento serpeggia in diversi settori. “Attualmente -fa notare Giovanni Cacciano, segretario provinciale del Pd- gestisce tutto il Consorzio Sannio Alifano, che provvede ad irrigare 19 mila ettari, di cui 4 mila nel beneventano. C’è l‘ipotesi di aggiungere altri 11 mila ettari in territorio sannita, ma mancano le infrastrutture”.

Il travagliato cammino della diga ebbe una svolta all’inizio del duemila. La provincia mise in sicurezza il costone che era franato spendendo 20 miliardi delle vecchie lire. La quota massima dell’invaso, autorizzata da qualche mese, è di 377,25 metri cubi d’acqua sul livello del mare, con la capacità di contenere 113 milioni, di cui 88 utilizzabili per uso potabile e irriguo. “Ora c’è un problema politico -osserva Cacciano- completate le opere, dopo  20 anni, il Sannio, che ha pagato i costi ambientali ed economici, rischia di essere estromesso dalla futura gestione, perché la regione si avvia ad attribuire a se stessa la concessione.Le classi dirigenti devono fare squadra per sventare la beffa dell’espropriazione”.

Quali vantaggi avranno la città di Benevento e le zone circostanti sul piano agricolo? Per non rimanere fuori ci sarebbero alcune modifiche da fare al progetto originario. “Il Consorzio di Bonifica  -rileva Costanzo- si ferma a Ponte, ha competenze anche nelle Valli Caudina e Telesina, ma non sul comune di Benevento e nelle Valli del Sabato e del Calore. Poiché i terreni da bonificare vanno classificati tali, per farlo ci vuole una legge regionale o una delibera di giunta. Per stilare i progetti di irrigazione ci vuole un ente competente. Il Consorzio lo è solo per la parte bassa. Lo proposi due anni fa, ma non si è fatto niente”.

Mentre si studia come ampliare le competenze del Consorzio Sannio Alifano, si potrebbero fare interventi utili, che pure sono attesi da tempo. “La nostra è una provincia -conclude Costanzo- che col suo vetusto sistema di condotte idriche perde il 50 per cento dell’acqua. Cerchiamo prima di tutto di riparare tutte le tubature e di garantire una fornitura adeguata in tutti paesi. Avremo reso un servizio di civiltà a tutta la comunità”. Sull’impianto di potabilizzazione, che dovrebbe distribuire 3 mila litri al secondo per l’intera provincia, sembra che tutto proceda senza dubbi. Per sciogliere, invece, tutti i nodi sull’uso irriguo, la palla ora passa alla regione, che ha assicurato che interloquirà con le organizzazioni agricole e gli enti locali.

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