Il ricordo è partito dalle “loro parole”, lette dagli attori Michelangelo Fetto e Antonio Intorcia. Poi l’omaggio a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, nel “Trentennale delle stragi di Capaci e Via D’Amelio”, ha preso lo slancio plastico della Compagnia di Balletto di Benevento, cullato dalle onde sonore dell’Orchestra del Liceo Guacci. La memoria ha ritrovato i colori dell’impegno e della speranza nell’affollatissimo Auditorium Sant’Agostino, per iniziativa della Procura della Repubblica e dell'Università del Sannio. Un abbraccio di tante emozioni, l’incontro tra istituzioni, associazioni e nuove generazioni.
Perché non c’è bisogno di navigatori solitari, né di eroi per combattere la criminalità organizzata. La parola più usata da don Luigi Ciotti è stata “scatto”. “I cortei non bastano -ha detto il presidente nazionale di Libera- dobbiamo stare attenti a non cadere nella trappola delle abitudini e dell’autoreferenzialità. Occorre un grande scatto di tutti, per colpire gli affari sporchi e scardinare il sistema di relazione delle mafie, che sono sempre forti, sapendo che la legalità è importante, ma l’obiettivo resta la giustizia sociale”.
Gli interrogativi di Don Ciotti hanno preso spunto da Tangentopoli, passando per la “questione morale”, sollevata da Enrico Berlinguer, per i tanti ostacoli frapposti alla ricerca della verità, per l’abuso della parola Antimafia. “Quella stagione -ha sottolineato- è stata un’occasione mancata, perché la questione morale non è diventata una questione politica. Alcuni hanno approfittato, utilizzando la bandiera dell’Antimafia come un cavallo di Troia del malaffare. I familiari delle vittime innocenti della violenza criminale e mafiosa non conoscono la verità nell’ottanta per cento dei casi. Non si parla più di droga e di gioco d’azzardo”.
La necessità di tenere i riflettori accesi sulle ingenti risorse in arrivo col Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza è stata rilanciata da Assunta Tillo della Procura di Benevento. “Le mafie -ha osservato il magistrato- hanno adottato la “strategia della sommersione”, ma sono infiltrate dovunque, controllano il territorio con la violenza, hanno creato una sorta di “cabina di regia”, sembrano quasi scomparse dall’agenda politica”. “Per questo- ha aggiunto Marilisa Rinaldi, presidente del Tribunale- serve l’armonia tra le istituzioni”.
L’accertamento della verità sulle stragi del 1992 ha incontrato diversi intralci. “Mi vengono i brividi -ha rilevato Aldo Policastro, procuratore della Repubblica- a pensare che il destino di Falcone e Borsellino era segnato. Lo stesso Stato ha fatto qualche passo falso, mostrando una certa insofferenza alle indagini. La politica deve tornare ad essere il primo ostacolo alla criminalità. Nelle scelte economiche e negli investimenti bisogna seguire fini di uguaglianza e giustizia a favore di chi è più fragile e ha di meno”.
Le riflessioni sul Trentennale, coordinate da Francesca Ghidini del Tgr, sono state arricchite dal sindaco Mastella, dal prefetto Carlo Torlontano, dal rettore Canfora, dalla docente Marandola, da Stefania Pavone per gli avvocati. Prezioso e stimolante il contributo dei giovani. “Siamo come delle formichine -ha evidenziato Alessandra Varricchio, capo scout Agesci- ci ritroviamo a resistere. Servono buoni cittadini. Come è possibile che a Palermo, per certi versi, sembra essere tornati indietro? Oggi sono docente, ho scoperto che i ragazzi non conoscono Falcone e Borsellino. La chiave per sottrarre i giovani alle lusinghe mafiose è il lavoro. Meritiamo di più, di poter restare a Benevento per scelta e di poter cambiare questo territorio”.
Come è possibile che i banditi, i briganti, i pirati sono finiti e i mafiosi continuano ad imperare? L’analisi di Isaia Sales è stata spietata e sferzante. “Lo scopo della mafia -ha affermato lo storico salernitano- è quello di fare soldi con la violenza. La sua forza sta nel consenso, il suo potere è esercitato in maniera feudale. Questa è una "criminalità di relazione", perché non è l’Antistato, ma sta dentro la società, ha relazioni con lo Stato. Non c’è nessuna nazione al mondo dove ci sono Presidenti del Consiglio, parlamentari, consiglieri regionali, sindaci, accusati di rapporti con le mafie. Dobbiamo interrogarci sulla politica italiana, non sulla popolazione. Se vogliamo sconfiggere la mafia bisogna interrompere queste relazioni”.
Per coltivare una “memoria viva”, si tratta ancora una volta di scegliere da che parte stare, come fecero Falcone e Borsellino e gli uomini della scorta. L’ispettrice di polizia Annalisa Marino ha ricordato Emanuela Loi. Il pericolo fu visto già nel 1900 da don Lugi Sturzo, che disse: “La mafia ha i piedi in Sicilia, ma la testa forse a Roma e risalirà sempre più forte e crudele verso il Nord fino ad andare oltre le Alpi”. Una profezia che don Ciotti ha voluto ricordare per “illuminarci” sulla situazione che oggi tocchiamo con mano.
“Dobbiamo scattare -ha concluso il capo di Libera- non delegare. C’è tanto da fare. L’Italia è agli ultimi posti in Europa per povertà educativa e dispersione scolastica. Due milioni di giovani che hanno studiato non trovano lavoro. Molti hanno scelto la legalità variabile e sostenibile. Auguro a tutti un conflitto interiore. Ci sono troppe coscienze addormentate, addomesticate, assopite. Ragazzi, la società ha bisogno di voi, diffidate dei seduttori, di chi spaccia illusioni, di chi non vi ascolta, di chi parla di voi, ma non parla con voi”.
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