“Questa è la giornata più bella per la condivisione di un progetto, frutto anche del lavoro del nostro segretario Clemente Mastella, oggi al suo massimo splendore. Quando incroci lo sguardo di 50 sindaci su 78 vieni incoraggiato ad andare avanti. Non sarei qui senza Antonio Di Maria che mi ha nominato vice presidente. A lui devo tanto. Con lui e con tutti gli altri amministratori locali condividerò questo percorso”.
La grande emozione di Nino Lombardi si scioglie in queste calde parole il 16 giugno scorso, giorno della sua incoronazione a candidato presidente della Provincia di Benevento. La scelta avverrà il prossimo 28 luglio al Palatedeschi, quando voteranno sindaci e consiglieri comunali del Sannio e sarà sicuramente eletto al vertice della Rocca dei Rettori, dal momento che le truppe mastellate sembrano tornate, più forti di prima, anche per colpa della sinistra che negli ultimi anni si è fatta strappare molti comuni importanti.
Ma l’eredità che lascia l’ex presidente Di Maria non sarà facile da gestire. Nell’inchiesta sulla spartizione degli appalti sono state rinviate a giudizio venti persone, tra amministratori, imprenditori e liberi professionisti. Tra essi lo stesso Di Maria, finito prima agli arresti domiciliari nel novembre scorso, poi tornato in libertà, ma sospeso per dieci mesi dalla carica di presidente. Quindi l’addio definitivo alla Rocca dal 13 giugno, non essendo più sindaco di Santa Croce del Sannio, il suo paese natio.
Con Di Maria andranno a processo, che comincerà il prossimo 23 settembre, tra gli altri, Angelo Carmine Giordano, dirigente del settore tecnico della provincia, il funzionario Michelantonio Panarese, nonché sindaco di Buonalbergo, il geometra Nicola Laudato e nove imprenditori. L’indagine della magistratura ha scosso gli ambienti della provincia, portando alla luce un ingranaggio perverso e sistematico di decisioni e scelte. Le intercettazioni ricostruiscono un quadro di frenetiche e meticolose trattative sugli appalti.
Da più parti si spera che l’avvento di Lombardi porti una discontinuità, un vento nuovo sul piano della trasparenza e della legalità. Molte domande aleggiano intorno alla Rocca. Perché la provincia non si è costituita parte civile nell’inchiesta, come hanno fatto quella di Caserta, il comune di Buonalbergo, l’ex segretario generale Franco Nardone e la dipendente provinciale Stefania Rispoli ? Tutti i dirigenti dell’era Di Maria rimarranno al loro posto? Anche chi è stato rinviato a giudizio come Angelo Carmine Giordano?
Il processo chiarirà tutte le responsabilità ed eventuali “turbative e concussioni”. Ma, spulciando nelle oltre 500 pagine scritte dai magistrati, vengono a galla intriganti “siparietti”. In una telefonata del dicembre 2019, Antonio Di Maria parla al telefono con Nicola Boccalone. Bisogna scegliere il dirigente tecnico della provincia. In ballo ci sono alcuni nomi, e tra questi quello dell'ingegnere Angelo Carmine Giordano.
L’ex presidente a un certo punto dice: “Sono indeciso se dirlo alla segretaria Dovetto, Io sarei per fare il secondo. Angelo lo conosco benissimo, sono venti anni, quello là è uno che gli dici da là sposta…io voglio parlare solo con lui. Non ho fatto candidare Raffaele Caputo, né gli ho fatto accettare nessuno incarico, perché pensavo di vederci una sera, io, tu, Angelo, Raffaele e forse Renato. Stabiliamo due cose: il nostro interlocutore deve essere uno poliedrico. Non può essere neanche Angelo”.
Dai toni e dalle allusioni si evince che stanno cercando una persona capace di organizzare e gestire le cose con discrezione e prontezza. Un ruolo che non ritengono adatto ad Angelo Carmine Giordano. Per questo Di Maria prosegue, nella successiva pagina 438: “Angelo deve essere quello…la mia idea è che Raffaele gli porta la paginetta e Angelo la firma”. Quindi la figura di Caputo assume una certa importanza.
L’inchiesta sulla provincia è nata anche dalle denunce dell’ex segretario e direttore generale Franco Nardone, esautorato in seguito da ogni incarico, che aveva espresso perplessità sulla nomina di Giordano a Dirigente del Settore Tecnico, perché all’epoca era coinvolto in alcune inchieste.
L’ingegnere, originario di Solopaca, ha un palmares di tutto rispetto. Dalle intercettazioni si comprende che è una vecchia conoscenza di Di Maria. Negli anni passati, infatti, oltre che nel suo comune, aveva lavorato alla Comunità Montana dell’Alto Tammaro, ricevuto alcuni incarichi a Santa Croce del Sannio e Fragneto Monforte.
“La sua assunzione alla provincia -spiega Nardone, assolto definitivamente in Appello per la vicenda Asea- è avvenuta con un colloquio tenuto da Di Maria, Boccalone e dalla segretaria Maria Luisa Dovetto. Attualmente, essendo rinviato a giudizio, non presiede le commissioni per le gare d’appalto, ma nomina presidente e componenti esterni, e quindi può scegliere chi vuole presso le amministrazioni comunali. Sul modello della Comunità Montana. E’ una situazione anomala, che non onora l’immagine della provincia”.
Sulla fase che si aprirà alla Rocca dei Rettori ci sono molte aspettative per un nuovo impulso progettuale e operativo. “Il futuro presidente Lombardi -conclude Nardone- permetterà che gli uomini di Di Maria continuino a gestire con le loro strategie? Rimarrà al suo posto anche la Dovetto, che ha archiviato la delibera dell’Anac sull’inconferibilità dell’incarico di Direttore Generale a Boccalone, che, dopo le dimissioni, è stato premiato con la nomina a Dirigente del Settore Amministrativo Finanziario?”.
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