Il cammino tormentato di Pier Paolo Pasolini dalle tenebre alla luce, alla ricerca della verità e della strada giusta per contrastare l’omologazione culturale e linguistica della società neocapitalistica, paragonata all’inferno dantesco. Riflessioni, sogni, speranze di un anima ribelle, portati in scena nell’Auditorium della Spina Verde al Rione Libertà col dramma teatrale “Pier Paolo”, ideato e prodotto dall’Associazione “Culture e Letture”, per ricordare l’intellettuale, il poeta, il regista e l’uomo a cento anni dalla nascita.
La rappresentazione, breve ma intensa, ripercorre il senso della “Divina Mimesis”, un progetto di Pasolini rimasto incompiuto, nel quale lo scrittore, come Dante, immagina di essersi smarrito in una “selva oscura” e cerca di scalare l’alta e brulla collina per uscire dal buio. “Intorno a 40 anni -racconta- mi accorsi di trovarmi in un momento molto oscuro della mia vita, in qualunque cosa facessi, nel 1963, c’era un senso di oscurità, ma anche qualcosa di terribilmente luminoso, come se avvertissi che oscurità uguale luce”.
Sul palcoscenico si staglia la figura di Pasolini, interpretato dall’attore Maurizio Tomaciello con brillante fisicità e gestualità, mentre i versi della Divina Commedia sono recitati da Alda Parrella, autrice anche dei testi insieme a Linda Ocone. Sullo sfondo scorrono le immagini del film “Uccellacci e Uccellini”, in particolare quelle dove Totò e Ninetto Davoli dialogano col corvo sul senso della morte, sulle note dell’Internazionale. Guardano le nuvole affascinati da quella “straziante meravigliosa bellezza del creato”.
Per la sua “resurrezione”, nella sua fantasia Pasolini incontra un “poeta civile”, che gli farà da guida come Virgilio per Dante e si comprende che si tratta di se stesso. “Poeta che mi guidi -scrive- aiutami a trovare la giusta ispirazione, come una donna ripudiata che non serve più a niente, ma continua a frequentare il marito, preso da altri amori. Tu che sei figlio di una nazione povera e borghese. Bisogna essere molto forti per amare la solitudine e per non nascondere ciò che invece rende l’uomo degno”. Questo Pasolini-Virgilio, nell’allestimento sobrio e scarno dell’Auditorium del Rione Libertà, molto apprezzato dal numeroso pubblico, appare come un faro per l’umanità confusa dei nostri tempi. Il senso poetico, dolce e amaro, trapela nelle parole recitate con garbo e raffinatezza da Tomaciello, soprattutto nel commiato. “Andavo dietro a quel poeta per covare una speranza, guardavo i fiori tra le erbacce e pensavo: me ne andrò senza conoscere il nome di questi fiori che furono per tanti anni miei silenziosi compagni".
|