“Mi hanno tirato per la giacca, accusandomi di aver agito per motivi politici. Mi hanno dipinto come uno “sceriffo padrone”, gettandomi addosso fango e calunnie. Mi sono comportato sempre come uomo delle istituzioni, facendo solo il mio dovere. Oggi riconquisto onore e dignità, ma ci sono voluti sei anni”.
La vicenda di Franco Nardone, ex segretario e direttore generale della Provincia di Benevento, si conclude con un lieto fine, con la sua piena assoluzione, facendo crollare tutto il castello di accuse montato contro di lui. Rendendogli giustizia ed una “liberazione”, sottolineata dai rintocchi della sua campana a festa.
Una storia che s’intreccia col sistema politico dominante alla Rocca dei Rettori, rappresentato dal ramificato potere degli uomini di Clemente Mastella. Tutto comincia il 19 luglio 2016, quando Nardone osa dichiarare la decadenza di Alfredo Cataudo, dall’incarico di Presidente dell’Asea, la società della provincia che si occupa di energia e ambiente, con particolare riferimento agli impianti termici.
“Come responsabile della Trasparenza e dell’Anticorruzione -racconta l’ex segretario generale- ho applicato solo la legge, che prevedeva l’inconferibilità della nomina per chi nei due anni precedenti era stato consigliere provinciale, un ruolo ricoperto da Cataudo nel partito del Campanile mastelliano ai tempi di Aniello Cimitile presidente”.
Il tormentato iter processuale è contrassegnato da assoluzioni in primo grado, appelli e ricorsi. Per denunciare il comportamento di Nardone, vengono scritte mille pagine. L’accusano di aver ubbidito ad un disegno politico in combutta coi vertici del Partito Democratico di Benevento, che, defenestrando Cataudo, mirava a punirlo per aver rifiutato di candidarsi per il centrosinistra alle comunali del 2016.
Nel gennaio 2020 la Cassazione conferma la correttezza e la legittimità del provvedimento adottato da Nardone. L’accusa di abuso in atti d’ufficio comincia ben presto a scricchiolare. Tutti i testimoni, dal presidente Claudio Ricci e al deputato Umberto Del Basso De Caro, negano di aver architettato una “guerra” politica contro Cataudo, che chiama, tra gli altri, a suo supporto Vincenzo Catalano, responsabile legale del comune di Benevento, suo compaesano di Ceppaloni e vicino a Mastella.
Quando Nardone riceve l’avviso di garanzia, quasi tutto il consiglio provinciale gli manifesta solidarietà. “Sulle pagine dei giornali -rileva con rammarico l’ex direttore generale- rimbalza per giorni la mia immagine di indagato. Io credo che vengo preso di mira perché vado a toccare un uomo di Mastella. L’accanimento contro di me, del resto, coincide con la elezione del leader ceppalonese a sindaco di Benevento. Il presidente di Asea si sente ovviamente ringalluzzito. Sulla sua bacheca di facebook tiene ancora in bella mostra l’avviso di garanzia contro di me, risalente al 2018. Ma oggi non ha messo la sentenza con la mia assoluzione “con la formula più ampia”, che lo condanna anche al pagamento delle spese processuali”.
Nel novembre 2020 per Nardone arriva la prima assoluzione, ma l’accusatore proclama: “All’inizio le battaglie le vincono i falsi, ma la guerra la vince l’onesto, perché persevera nella pazienza e nella giustizia”. Il verdetto finale l’ha totalmente smentito. “Le circostanze - scrivono i giudici- non lasciano dubbio alcuno in ordine al giudizio di assoluzione formulato dal giudice di prime cure, che va pertanto confermato. L’irrilevanza della condotta posta in essere dall’imputato richiede una pronuncia di assoluzione con la formula più ampia, perché il fatto non sussiste. Per questi motivi si conferma la sentenza emessa dal Tribunale di Benevento nel novembre 2020, nei confronti di Franco Nardone, appellata dal pubblico ministero e dalla parte civile, che viene condannata al pagamento delle spese processuali nel secondo grado di giudizio”.
Il processo a Nardone per la questione Asea ha i suoi riflessi sul provvedimento di revoca dal ruolo apicale, adottato successivamente nei suoi confronti dal presidente della provincia Antonio Di Maria. “Cerca di sfruttare l’argomento -osserva l’ex dirigente della Rocca- per estromettermi dall’incarico, adducendo a pretesto la mancata comunicazione del procedimento in corso. Cosa non vera, perché tutto era noto tramite i miei avvocati. Con la sentenza di assoluzione del 29 settembre scorso è stata sconfitta una lobby, non un singolo. Il mio percorso professionale è stato sempre limpido. Sono arrivato a Benevento a 59 anni, sono stato anche in posti difficili, come la Terra dei Fuochi, non mi era mai capitata una simile “aggressione”.
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