“Difendiamola con i denti. L’acqua è fonte di vita. Non può stare sul mercato”. L’appello di padre Alex Zanotelli non ha dato i frutti sperati, ma ha riacceso i riflettori sulla partita dell’acqua nel Sannio. La protesta in Via Traiano di comitati, associazioni e movimenti ha cercato di fermare con slogan e striscioni coloriti e pacifici la scelta di affidare ad una società mista la gestione delle risorse idriche, ma il consiglio di distretto ha proseguito imperterrito per la sua strada. Non è stata ascoltata neanche la voce della Chiesa.
L’accordo politico tra gli amministratori prefigura una società composta per il 49 per cento dal privato e per il 51 dal pubblico. “Abbiamo contestato con forza -sottolinea Giovanni Seneca, promotore del Comitato Sannita Acqua Bene Comune- la decisione presa in una stanza della Casa del Reduce, senza consentire neanche alla stampa di partecipare all’assemblea del consiglio. A chi lancia accuse di demagogia nei nostri confronti, rispondiamo con le parole di Alberto Lucarelli, docente di Diritto Costituzionale all’Università di Napoli: “La gestione pubblica è ancora quella preferita dall’ordinamento comunitario e da quello italiano”.
La proposta alternativa punta sulla realizzazione di un’Azienda Speciale Consortile, che abbia lo scopo di difendere il bacino idrico dagli assalti delle Multinazionali. Negli altri distretti della Campania si va in molti casi verso la gestione pubblica. La formula che si vuole adottare per Benevento, riserverebbe uno spazio troppo grande ai privati. “Il nostro modello -rileva Seneca- è Napoli ABC, un’azienda speciale, che non fa utili, ha le tariffe tra le più basse d’Italia, ha una media di dispersione idrica inferiore a quella nazionale”.
Il presidente del distretto, Pompilio Forgione, e gli altri consiglieri favorevoli all’accordo, si difendono. “Il capitale sociale -obiettano- rimane a maggioranza pubblica. Le percentuali sono puramente indicative. Nessuno sta privatizzando l’acqua, ci avvaliamo solo di un socio privato”. Il percorso, definito senza coinvolgere le comunità, ha suscitato dissensi nei sindaci di Baselice, Circello, Fragneto Monforte e Fragneto L’Abate , San Nazzaro, Sassinoro e Sant’Arcangelo Trimonte, che hanno visto in quell’intesa tra mastelliani, alcuni esponenti del Pd e Civico 22, la continuazione di vecchie “logiche spartitorie”.
La gestione prescelta è stata approvata in maniera compatta dai fedelissimi del sindaco di Benevento, Clemente Mastella, mentre i sindaci democratici di Apice, Castelpoto, Arpaise, San Marco dei Cavoti ed il rappresentante morettiano si sono astenuti. Contro l'accordo hanno manifestato Libera, Cgil, Anpi, Codacons, Codisan, Altrabenevento, Cinque Stelle, Pci, Usb e Potere al Popolo. “Siamo riusciti -fa notare Seneca- a creare un movimento e ad aprire un varco in un fronte monolitico. I primi cittadini “ribelli” sono stati liberi e coraggiosi, mettendoci la faccia e presentando un documento. Mentre il presidente Forgione si è permesso di definirmi “burattino” di qualcuno".
La diffidenza verso i privati è collegata ai dubbi sulla gestione non sempre lusinghiera della Gesesa, che opera da anni a Benevento. Ma, d’altra parte, anche l’Alto Calore, a capitale pubblico, non ha brillato. Per questo contano molto le scelte politiche. “Con la gestione privata -evidenzia Seneca- abbiamo avuto i depuratori sequestrati, i fiumi ridotti a cloaca e l’acqua contaminata da tetracloroetilene. La crisi dell’Alto Calore è frutto di una gestione clientelare, di una cattiva classe dirigente. Speriamo che con la Diga di Campolattaro, il Sannio possa diventare autonomo. Noi non ci arrendiamo. Continueremo a sensibilizzare le giovani generazioni, andando nelle scuole, sull’importanza dell’acqua e sugli interessi che può alimentare”.
|