"Andate dal prefetto, che faccia muovere il comune. La presenza del teatracloroetilene nella vostra acqua è estremamente grave. Protestate a tutti i livelli, coinvolgete le istituzioni locali, regionali e nazionali. Non mollate. Date vita ad un grande movimento popolare. Tornate in piazza, raddoppiando i numeri. Lottate per l’acqua pubblica, perché i privati penseranno solo a fare affari. Arrabbiatevi, fate chiasso, come dice Papa Francesco, che ha parlato chiaro nella “Laudato Sì”: l’acqua sicura è un diritto fondamentale per tutti”.
Con queste parole forti e decise padre Alex Zanotelli ha invitato i manifestanti ad insistere nella richiesta di chiarezza sulla vicenda dei pozzi inquinati di Benevento. La protesta è stata portata in piazza dal Comitato Sannita per l'Acqua Pubblica, Libera e Altrabenevento. Tutti chiedono a gran voce un'operazione verità, che allontani tutte le ombre seminate il 17 novembre scorso, quando si è registrato il picco anomalo di 250 microgrammi di tetracloroetilene a litro nelle falde di Pezzapiana, che alimentano più di mezza città, dal Rione Ferrovia al Rione Libertà a gran parte del Centro Storico.
Quando un'ordinanza del sindaco Mastella annunciò a più di trentamila abitanti che l'acqua non era più potabile, scatenando paure, preoccupazioni e tanti interrogativi. Come è stato possibile? Chi ha fatto i prelievi? La presenza del tetracloroetilene era stata denunciata già nel 2018 dall'associazione Altrabenevento, ma il comune aveva sorvolato, ritenendo che fosse una speculazione politica. Poi l'amara realtà non si è potuta più nascondere, ma si è continuato a rassicurare che tutto rientrava nelle soglie di legge.
"Il valzer delle cifre tra i vari enti -osserva Michele Martino di Libera- ha creato un grande disorientamento. La città ha il diritto di conoscere la verità. Chiediamo l'acqua del Biferno per tutti i beneventani. Sappiamo che è un progetto impegnativo, ma la politica è l'arte del possibile. Dietro la nostra protesta non c'è alcun disegno politico, ma c'è solo la salute dei cittadini, che rivendicano giustizia, partecipazione e democrazia".
Due giorni dopo la drammatica ordinanza, il sindaco appare a Palazzo Mosti e per dimostrare che tutto è rientrato nella normalità beve davanti a tutti un bicchiere d'acqua, mostra un foglio con nuovi numeri che attesterebbero la "scomparsa" del picco ed il ritorno alla potabilità, con un microgramma a litro di tetracloroetilene."Nella tabella -sottolinea Gabriele Corona di Altrabenevento- sbandierata dal sindaco ci sono dati inventati. L'Arpac ha registrato altri sforamenti della soglia di legge in tre precedenti prelievi, a cominciare dal 15 novembre, quando sono stati trovati 189 microgrammi".
Dal canto suo, la Gesesa, la società mista che gestisce le acque in città, si mostra perplessa di fronte alle analisi dell'Agenzia Regionale, dispone di riscontri più rassicuranti, incontra comitati ed associazioni per un confronto. Ma viene a galla una differenza sostanziale: i prelievi fatti direttamente nei pozzi di Pezzapiana sono diversi da quelli effettuati presso le fontane delle contrade, perche qui l'acqua arriva miscelata con quella del Biferno. Un elemento non secondario nella ricostruzione della vicenda.
"E' inconcepibile- afferma Giovanni Seneca del Comitato Sannita Abc- che nel 2022 due terzi della città di Benevento debbano bere acqua contaminata. La Gesesa ha come fine il profitto, mentre l'Arpac, che fa capo all'Asl, ha il compito di salvaguardare la salute delle persone. Per questo io mi fido più dell'Asl. Questa vicenda dimostra che un'azienda privata non può gestire il servizio idrico. L'acqua non può essere sottoposta a logiche di mercato".
I dati "ballerini" tra gli enti sollevano aspre reazioni. I consiglieri di opposizione chiedono un consiglio comunale ad horas, si rivolgono al prefetto. C'è chi pensa ad una class action per i danni subiti. Lo stesso sindaco affida all'Università del Sannio uno studio scientifico sulla questione. La regione stanzia fondi per gli interventi necessari. Ma c'era una cosa che il comune avrebbe dovuto fare entro il gennaio 2021: il Piano di Caratterizzazione.
"Gli amministratori comunali -ricorda Corona- hanno giustificato questa inadempienza con la mancanza di fondi. Servivano appena 140 mila euro. Il comune spende 300 mila euro per i viaggi del sindaco e altri 60 mila per le sue telefonate domenicali. Ce lo potevano dire che mancavano quei soldi, avremmo potuto fare una colletta di tre euro a testa. Abbiamo scritto al prefetto, fatto un esposto in Procura. Deve intervenire la magistratura, chiudendo i pozzi, come ha fatto col sequestro dei depuratori".
La gravità della vicenda richiederebbe, comunque, un maggior sussulto della società civile, dagli ordini professionali alle associazioni di categoria. Un passo importante potrebbe essere una Conferenza Pubblica con tutti i soggetti preposti al controllo delle acque, una Grande Assemblea con dati alla mano che parli alla città con una sola voce. Il sindaco ora sembra disponibile ad un consiglio comunale sull'argomento, appena le relazioni richieste saranno pronte. Per risolvere il problema alla radice, perchè non utilizzare parte delle risorse assegnate a Benevento dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza?
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