Un viaggio nei “retroscena” delle canzoni napoletane, nelle storie amorose, tormentate e meravigliose, di autori e musicisti, seguendo il sentiero della poesia. Tra prosa e concerto. Questa la suggestiva ambizione dello spettacolo intitolato “Passione”, portato in scena al Teatro Comunale di Benevento, per la stagione invernale di “Città Spettacolo”, dallo scrittore Maurizio De Giovanni, con la voce di Marianita Carfora e coi musicisti Marco Zurzolo al sassofono, Carlo Fimiani alla chitarra, Marco De Tilla al contrabbasso.
“Sono molto felice -ha esordito De Giovanni- di ritornare a Benevento, che nei mesi scorsi mi ha regalato la cittadinanza onoraria. Per me questo onore è anche una grande responsabilità, perché vuol dire che dovrò essere testimone delle bellezze e della cultura del capoluogo sannita. L’idea della nostra performance è quella di raccontare le situazioni che hanno prodotto tante celebri canzoni, il mondo sentimentale straordinario che c’è dietro le parole e la musica e la vita di personaggi della Napoli di una volta”.
Dietro “I’ te vurria vasà”, ad esempio, c’è il sogno del giovane e povero guantaio Vincenzino, che vorrebbe rivelare il suo amore ad Enrichetta, figlia di un orefice, ma che invece può soltanto vederla dietro la sua finestra, poco prima di andare a dormire. I suoi versi struggenti, scritti su un bigliettino, finiscono nella tasca del musicista Eduardo Di Capua, che ne fa quella stupenda canzone che conosciamo e cantiamo. Il ragazzo è Vincenzo Russo, autore anche di “Torna maggio” e “L’urdema canzona mia”.
“Vorrei -osserva De Giovanni- che Napoli dedicasse una strada a questo autentico poeta, morto a 26 anni”. Tra i più grandi cantori dell’amore c’è Libero Bovio, famoso, tra l’altro, per “Reginella”, “Passione” e “Silenzio cantatore”. Tre brani che Marianita Carfora pennellerà con fresca armoniosità, impreziositi dai ritmi intensi ed incalzanti dei suoi tre compagni di viaggio. “L’amore -aggiunge lo scrittore- è una malattia mortale, un sentimento umano travolgente, attraverso il quale la poesia raggiunge vette altissime”.
Il racconto e la musica camminano in grande equilibrio. Bello e commovente il momento in cui De Giovanni legge i versi di “Addio a Maria”, dedicati da Libero Bovio alla moglie, negli ultimi giorni della sua vita. “Salutammella Napule pe mme! Dille ch’è stata ‘a passiona mia! Dille che ll’aggio amata quant’a tte! E moro e canto: Napule, sì bella! Napule, sì na rosa, sì na stella”. Tra i flutti dell’amore tempestoso arriva una spruzzata ironica e briosa con “Spingole francese” di Salvatore Di Giacomo, che spesso tratterà sentimenti tormentosi come emergerà nelle canzoni “Palomma ‘e notte” ed “ E ccerase’.
Dagli amori appassionati a quelli impossibili. Dalle lettere alle serenate. Il concerto si snoda leggero tra “Lusingame” di Nino Taranto e “Voce ‘e notte” di Edoardo Nicolardi. Nell’universo canoro napoletano irrompe la nostalgia, collegata all’emigrazione e alla lontananza dalla città partenopea. E all’amore per la mamma, lasciata sola. Il romanziere De Giovanni ripesca storie già note, spettacolarizzandole con il suo inconfondibile timbro narrativo. Riviviamo la storia di Gilda Mignonette, che a New York canta “A cartulina e Napule”, scritta per lei dall’emigrante Pasquale Buongiovanni, ed altri distacchi dolorosi.
Il viaggio musicale si conclude a Buenos Aires, col tango argentino. Col rimpianto di un amore perduto. Il giovane Filiberto sogna sempre la donna amata, che, nel frattempo, è finita nelle braccia di un altro. “Perché non mi ha aspettato?- va gridando disperato- Piccola Strada che il tempo ha cancellato, da quando se n’è andata, vivo nel dolore. Piccola strada amica che si chiama Caminito”. Con chiaro riferimento all’ultimo libro di De Giovanni, che, tra l’altro, ha avuto anche il “Premio Nicolardi”, per aver cantato l’amore.
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