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La Diga di Campolattaro e quella frana da tenere sotto controllo - I tecnici: "Canne drenanti fuori servizio. Rifare le indagini"
 

lun 27-02-2023 16:14 n.286, Antonio Esposito

La Diga di Campolattaro e quella frana da tenere sotto controllo

I tecnici: "Canne drenanti fuori servizio. Rifare le indagini"


C’è un pendio che agita le placide acque della Diga di Campolattaro. Da anni l’area a monte di questa grande opera, di quasi 700 milioni di euro, è sotto osservazione. Ed ora c’è anche una perizia del giugno scorso che accende i riflettori sui possibili rischi e propone misure di sicurezza. Si tratta dello studio realizzato da tre società (Speri, KR e Italiana Progetti) e firmato dai tecnici Marzia Cavallaro, Edoardo Costantini e Vicenzo Giorgio Caputo, intitolato “Rivalutazione sismica del versante in sponda destra”.  

Il quadro della situazione è descritto in oltre cinquanta pagine, fitte di grafici, planimetrie e fotografie. “Il più recente intervento di stabilizzazione del pendio – evidenzia la relazione- risale al 2001, fu accompagnato dalla realizzazione di una rete di dreni e di una paratia di contenimento,  che già mostrava segni di debolezza e fu interessata da un parziale collasso. Sul versante a valle, a seguito della costruzione dei “calici”, fu registrato un “rilassamento della coltre e un lento e continuo movimento franoso”.

Il sistema di drenaggio fu fatto ventidue anni fa, mentre nel 2006 furono realizzati gli “invasi sperimentali”. Per i tecnici  “alla luce degli interventi di consolidamento attuati negli anni, la frana è classificata come “stabilizzata antropicamente”, ma risulta ancora “attiva”, seppur con velocità molto basse”. Dalla perizia emerge inoltre che “le ultime indagini geognostiche disponibili risalgono a più di 30 anni fa”. Una serie di osservazioni da valutare attentamente, ora che l’opera sta per giungere in porto e partire, grazie ai corposi finanziamenti della Regione Campania e del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.

Questa infrastruttura strategica non solo per il Sannio, dovrebbe fornire 85 milioni di metri cubi d’acqua all’anno per uso idropotabile ed irriguo, sia al beneventano, che a molte zone del napoletano e del casertano. Una vera svolta per l’approvvigionamento idrico e per l’agricoltura della Campania. La gestione del progetto è affidata all’Asea (Agenzia Sannita Energia Ambiente) che fa capo alla provincia di Benevento, guidata dal presidente Nino Lombardi, che risponde alla perizia con argomentazioni rassicuranti.

“La situazione è ampiamente nota -ribattono dalla Rocca dei Rettori- tant’è che nei primi anni duemila furono realizzati interventi di regimentazione delle acque e installati alcuni sistemi di monitoraggio. Nel dicembre scorso c’è stato un collaudo tecnico funzionale. La commissione ha effettuato la ricognizione dell’impianto e la verifica della funzionalità delle quattro paratie. L’Asea ha incaricato uno studio specializzato di predisporre un nuovo piano di indagini e monitoraggio per la fine di questo mese”.

“Questa frana -denuncia Gabriele Corona di Altrabenevento, che ha tirato fuori la perizia- non è affatto stabilizzata, ma è in movimento.  Il lento spostamento sta andando verso nord ovest, nella zona dei cosiddetti bicchieri, proprio dove è prevista la costruzione di una galleria sotterranea di sette chilometri per portare l’acqua al comune di Ponte. Il presidente Lombardi minimizza, parla di nuovi approfondimenti in corso, affidati agli stessi tecnici, ma ignora la perizia R017, costata, tra l’altro, 173 mila euro alla provincia ”.

Lo studio si spinge oltre e tra le ipotesi, in situazioni sismiche, potrebbe accadere che sulla diga si abbatta una montagna di terra tale da farla tracimare, con onde di piena che potrebbero arrivare fino a Benevento. “Il volume mobilizzato  risulta compreso tra 300 mila e 500 mila metri cubi di terreno, che potrebbe raggiungere le vasche di dissipazione, riempirle interamente, fino ad occluderle. La Casa di Guardia (dove hanno sede gli uffici di Asea, ndr) è coinvolta nel cinematismo  e pertanto non è assicurato il suo presidio”.

Nel dettagliato rapporto affiorano altri elementi sorprendenti. “La ridotta efficienza del sistema di drenaggio è confermata dal Servizio Nazionale Dighe, in cui si osserva che numerosi dreni risultano ostruiti. Nei verbali di visita, che vanno dal 2016 al 2020, si conferma che vengono misurati solo 40 dei 205 dreni presenti. Senza interventi di manutenzione ordinaria, dei quali non si ha traccia, la vita utile delle canne drenanti è in media di 20 anni. Pertanto si ritiene fuori servizio circa l’80 per cento delle canne drenanti”.

“Il sistema franoso - sottolineano i tecnici- si trova sull’area compresa tra la Casa di Guardia della diga ed il cimitero comunale, in un quadro geomorfologico delicato e complesso, caratterizzato da diffusi movimenti di massa. Si ritiene che il livello di conoscenza offerto dalle prove di laboratorio sia del tutto inadeguato, se commisurato all’importanza dell’opera e agli effetti potenziali dell’instabilità del pendio sull’esercizio dell’impianto”. Un approdo preoccupante che richiede analisi più approfondite.

Il progetto per la diga sul fiume Tammaro, presentato nel febbraio 2022, è stato redatto dalla “Acqua Campania Spa”, che, nata come società a capitale pubblico regionale, oggi appartiene per il 47,5 per cento alla “Vianini Costruzioni” e per un altro 47,5 alla multinazionale francese Veolia, da sempre molto agguerrita nel settore dell’acqua. Per un invaso così importante, atteso da anni, non si possono fare passi falsi. La messa in sicurezza della frana è fondamentale, soprattutto in tempi di repentini cambiamenti climatici.

Per ora lo studio si è limitato alla sponda destra, come da contratto. “Ma -aggiungono i tecnici- se la verifica della paratia intermedia a monte della strada circumlacuale, che non è stata oggetto di verifica, non dovesse risultare soddisfatta, il volume eroso sarebbe ben più grande di quello stimato, con un rischio ancora più ampio per la sicurezza dell’impianto”. Per tutti questi motivi “si raccomanda fortemente una campagna di indagini estesa del pendio, insieme ad una mappatura dettagliata del corpo della frana”.

“Abbiamo scritto a tutti i ministeri -conclude Corona-  e a tutti gli enti preposti. Ci sono altre perizie che rilevano altre incongruenze. Alla luce di questi fatti nuovi bisogna rivedere il progetto. La provincia dovrebbe chiedere una rivalutazione di tutto. Nessuno vuole procurare allarme. Ma non si può fare finta che non ci sono problemi. Come si fa a costruire l’imbocco di una galleria, dove c’è una frana, che può ostruire la diga, con le conseguenze evidenziate dai tecnici? Siamo di fronte ad un disastro annunciato”.






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