Nella Chiesa di Santa Teresa si suona Bach. I mandolinisti si alternano coi violoncellisti davanti all’altare maggiore. La riscoperta di questo bene culturale abbandonato è resa più suggestiva dalla musica degli allievi del Conservatorio di Benevento. L’occasione è offerta dalle Giornate Fai di Primavera. La domenica è fresca e soleggiata. Frotte di visitatori salgono per Via Giovanni De Vita, dopo aver lanciato uno sguardo all’obelisco egizio di Piazza Papiniano, che affaccia su Corso Garibaldi.
La curiosità principale si concentra sulle condizioni degli affreschi longobardi, ritrovati alcuni fa. Possono essere ancora recuperati? Chi ci dovrebbe pensare? Possibile che una struttura così bella debba languire nell’incuria? Chi arriva sul posto vuole conoscere anche la storia della chiesa, vuole sapere quali progetti sono in cantiere. Gli stessi interrogativi spuntano sulla Cappella Gentilizia di Palazzo De Simone, un altro bene visitabile grazie al Fai, ma da tempo chiuso e ridotto al degrado.
Davanti all’ingresso troviamo un gruppo di ragazzi, pronti a dare tutte le notizie per farci riallacciare i fili della memoria. Sono studenti del Liceo Scientifico “Galilei Vetrone”, tutti della quarta A, che si prodigano nella veste di “apprendisti ciceroni”. “Quando i carmelitani scalzi -comincia Costantino D’Abrusco- decisero di costruire un convento a Benevento, comprarono il terreno dalla nobile famiglia degli Ascolese. Con l’invasione dell’esercito napoleonico fu chiuso e fu riaperto quando la città divenne sede papale”.
La presenza dei frati si prolungò fino al 1825, quando la Confraternita del Sacro Monte dei Morti ottenne il permesso di usare la chiesa per le proprie funzioni. “Accanto a Santa Teresa -aggiungono Francesco Fiorentino e Giovanni De Maria- c’era quella di San Marco dei Sabariani, di cui resta solo la cripta, chiusa nel 1900 per problemi strutturali. Sotto Vittorio Emanuele III, nel 1932, le due chiese furono unite col nome di Chiesa di San Marco e Santa Teresa. Negli anni cinquanta ospitò i frati cappuccini, fino al terremoto del1980, quando fu sconsacrata. Dal 2002 è stata assegnata all’Università del Sannio”.
Nel pubblico che ascolta la musica c’è il rettore Gerardo Canfora, attento a tutte le performance degli allievi del conservatorio. “Potrebbe diventare sede di un centro culturale -ipotizza- un luogo per convegni, seminari e concerti. Siamo alla ricerca di fondi per ristrutturarla”. Per recuperare e valorizzare la chiesa settecentesca, alcuni anni fa nacque anche un comitato, partì una petizione popolare, furono annunciati finanziamenti ed interventi del comune e della sovrintendenza.
Guardando le pareti inumidite affiorano affreschi lacerati, ma l’impianto architettonico conserva la sua bellezza. “La chiesa -spiega Noemi Ianzito- presenta una pianta a croce latina, col braccio più lungo, costituito da tutta la navata centrale, e col braccio più corto, che comprende il transetto. La parte più importante è l’altare maggiore, circondato da una balaustra, realizzato dall’architetto Fischetti, caratteristico del settecento beneventano per l’armonia delle linee e delle forme. Nella cornice vuota sopra l’altare c’era una grande tela, raffigurante la Sacra Famiglia, rubata dopo il terremoto del 1980”.
Altri particolari sulla struttura li racconta Antonio Bruno Minocchia. “Gli altari -osserva- sono fatti tutti con marmo policromo. Dopo le due cappelle laterali c’era lo spazio per il coro e nello stesso posto, dopo una balaustra c’era un organo”. Gli alunni del “Galilei” hanno fatto una ricerca anche sui Sabariani e sugli affreschi longobardi contenuti un tempo nella cripta. I ragazzi e la città sognano di vedere la struttura brillare di vita nuova, come un ‘altra perla per arricchire il nostro patrimonio culturale.
“Alle spalle della chiesa -conclude Giulia Lucarelli- si trova la cripta di San Marco ai Sabariani, dove erano custodite le spoglie del santo. I Sabariani erano una famiglia provenzale giunta in città al seguito di Carlo D’Angiò, che sconfisse Manfredi di Svevia nella Battaglia di Benevento nel 1266. Nella cripta che sta davanti alla chiesa si trovano gli affreschi longobardi dell’VIII e IX secolo, con un santo disteso, alcuni personaggi e una donna avvolta da bende. Sono opere che richiamano quelle della Chiesa di Santa Sofia”.
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