La vitalità di un amore, spenta a poco a poco, dopo i giuramenti e la passione. Senza comprendere i segnali striscianti della violenza, che, pian piano diventa possesso e prigione. La storia di una mamma, che ha fatto di tutto per non finire nella cronaca nera dei femminicidi, interpretata con grande fisicità espressiva da Gea Martire, è andata in scena al Mulino Pacifico di Benevento. Lo spettacolo, intitolato “Rumore di fondo”, è prodotto da Teatro Segreto e si avvale della regia di Nadia Baldi.
La metamorfosi sentimentale, dall’amore possessivo all’omicidio, è raccontata attraverso la metafora dei piedi, una volta gioiosi e saltellanti e poi spaventati e dolenti. “L’allarme non lo vedi -dice la protagonista-non lo senti, si nasconde negli abbracci. Sarà l’amore che non lo fa ragionare. Penso al giuramento fatto sull’altare di essergli fedele sempre e sto zitta”. Poi una sera accade che ti trovi davanti un altro, che ti assale come un turbine violento, t’incatena e ti distrugge.
Il tormentato precipitare nell’abisso è accompagnato dalla voce di Antonella Ippolito e dalle musiche di Ivo Parlati, che alternano grida lancinanti e ritmi incalzanti. Sulla scena si sviluppa un dialogo immaginario tra la madre e il figlio, rimasto orfano. “Le mie dodici denunce -osserverà la donna- non sono servite a niente. Io sono vittima di Stato. Ma farò di tutto perché tu non sia come lui. Se sono riuscita a condurti lontano dagli orrori, è stato bello vivere. Perché la delicatezza non è femmina, ma umana”.
L’attrice ricorda i versi di Pasolini sulle madri “mediocri e servili”, per sottolineare l’importanza dell’educazione che si riceve in famiglia. Il dramma è dedicato a Carmine Ammirati, il ragazzo che ha perso la mamma in questo femminicidio, avvenuto nel napoletano. Ama la danza e ai primi spettacoli è stato anche presente sul palcoscenico, poi non se l’è più sentita per problemi di salute. Ma da poco c’è una bella notizia: si è saputo che il giovane si sposerà.
Uno dei momenti più toccanti è stata la lettura della lettera di Carmine alla madre. “Immagino -scrive-ancora le nostre giornate, quando ti alzavi e ti pettinavi, ancora oggi mi sembra di sentire le tue parole. Spesso guardavamo un film insieme. Nelle donne che vedo cerco sempre qualcuna che ti somigli. Certi dolori non passano. Sento più forte il bisogno di abbracciarti e invece posso stare qui soltanto a sognarti”. C’è la voce di un attore che legge, mentre sullo sfondo scorrono immagini di donne e bambini.
La riflessione sulla sofferenza e sulla violenza subita porta ad una ribellione, che vuole essere un messaggio per tutte le donne. “Non si deve giurare -conclude Gea Martire- su nessun Dio. Bisogna essere se stessi. A me prometto di amarmi e di onorarmi, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia. A me giuro di stare molto attenta a dove mettere i piedi, leggeri, delicati e liberi”.
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