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Perché i Longobardi scelsero Benevento come capitale - Fragnito: "Ricostruirono tante città distrutte dalle guerre"
 

sab 27-05-2023 16:42 n.321, a.e.

Perché i Longobardi scelsero Benevento come capitale

Fragnito: "Ricostruirono tante città distrutte dalle guerre"


L’impronta dei Longobardi su Benevento è visibile non solo nella Chiesa di Santa Sofia, ma in tante altre testimonianze, a cominciare dalle Mura, che si snodano lungo Via Torre della Catena e ricompaiono ancora per Via del Pomero e Via Dei Rettori. Un altro gioiello è la Chiesetta di Sant’Ilario, di fronte all’Arco di Traiano, fatta costruire dalla duchessa  Teoderada, moglie di Romualdo. Le lapidi di alcuni principi longobardi si trovano sotto il Duomo, a simboleggiare la loro fede profondamente cattolica.

Per scandagliare questo periodo storico rilevante per il capoluogo sannita, Alessio Fragnito e Vincenzo Antonio Grella hanno scritto il libro “Il Ducato Longobardo di Benevento”, pubblicato per le Edizioni Delta e presentato presso la Libreria Masone da Teresa Simeone. Un volume di 600 pagine, frutto di un’analisi accurata di centinaia documenti, atti, leggi e contratti, alcuni anche in lingua latina, che ha l’ambizione di offrire una panoramica completa delle gesta e della civiltà di questo popolo che ha segnato un’epoca.

“I longobardi -rileva Fragnito- fanno di Benevento la loro capitale, un centro nevralgico.  Dopo le devastanti guerre gotico-bizantine, promuovono la rinascita dei centri meridionali distrutti, ricostruendo il tessuto sociale e urbanistico. Prendono le macerie e le mettono nei monumenti. Le colonne che vediamo nella Chiesa di Santa Sofia probabilmente vengono dal Tempio di Iside che era stato demolito. Si danno un’organizzazione territoriale importante, nominando governatori che amministrano la giustizia”.

Il ducato di Benevento comincia nel 571 con Zottone e raggiunge il massimo splendore con Arechi. Il libro punta a delineare l’identità di un popolo proveniente dalla Scandinavia e giunto in Italia attraverso il Friuli, per Gorizia e Cividale. Il racconto delle vicende arriva fino all’849, quando finisce l’unità territoriale del ducato, Benevento si separa da Salerno e la “Langobardia Minor” si dissolve. Il susseguirsi delle guerre è accompagnato da tante notizie sugli usi e i costumi.

“Una delle principali loro qualità -sottolinea Fragnito- è la capacità di saper usare le armi. Chi non era in grado doveva avere un protettore. Avevano una facile disponibilità ad integrarsi con le popolazioni locali. Le donne erano libere di uscire da sole e potevano sposarsi con chi volevano. Tra i centri ricostruiti c’è Guardia Sanframondi che, tra l’altro, è un nome longobardo. Forse il loro errore storico è stata la pretesa di voler sostituire i Romani. Ma sognavano anche di unificare l'Italia”.

La fine del Ducato avviene nel 774, quando Carlo Magno sconfigge Desiderio, l’ultimo re dei longobardi. Le loro tracce brillano anche nella “Scrittura Beneventana” e nel “Canto Beneventano”. Adoravano San Michele, che diventò il loro santo guerriero. Credevano finanche nella resurrezione. “Quando Arechi -conclude Fragnito- fonda Santa Sofia, si mostra contento di spendere le sue ricchezze per questo monumento, perché ritiene che la vita dopo la morte vale più di quella terrena”.



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