Sulle colline delle Langhe la battaglia si fa sempre più aspra. La Resistenza italiana sta vivendo ore drammatiche. Una donna al centro della scena scrive una lettera alla sorella. Fa il quadro della situazione: rastrellamenti feroci dei nazifascisti e catastrofe enorme dei partigiani. Il giovane Bob è diviso tra l’amore e la lotta, ma al momento della scelta, se ne va sui monti a combattere. Il suo tormento è al centro di “Atto Unico” di Beppe Fenoglio, portato in scena, in prima nazionale, al Mulino Pacifico dalla Solot, Compagnia Stabile di Benevento, e promosso dall’Anpi provinciale, per i 100 anni dello scrittore piemontese.
Si tratta di un testo postumo, riscoperto da Maria Laura Simeone, che, per la rappresentazione teatrale, ha ottenuto l’approvazione di Margherita, figlia di Fenoglio. “La vicenda -spiega Simeone- si svolge nel momento in cui il sud è stato liberato e al nord si combatte ancora. I personaggi di Fenoglio sono degli antieroi. Ma, per quanto indecisi, sanno che dietro il migliore dei repubblichini ci sono il lager e la dittatura e dietro il peggiore dei partigiani ci sono la democrazia e la libertà”.
La scenografia, semplice e un po’ ovattata, ci fa rivivere quell’atmosfera tesa e assorta, segnata dalla paura e dai pericoli. Il partigiano Bob, combattuto e stanco, è interpretato con freschezza e scioltezza da Angelo Valente, mentre nei panni di Lalla, la sua ragazza accorata e preoccupata, c’è Giorgia Gomes, con la sua tenera dolcezza ansiosa, che spera un giorno di riabbracciarlo. Nella parte della madre di lei c’è Assunta Maria Berruti, attenta, vigile, sicura, prodiga di consigli per il loro futuro.
Sui monti arriva anche la musica americana. Si parla di donne innamorate: quelle che pensano ad un partigiano badogliano portano un nastro azzurro, quelle che amano un comunista hanno un nastro rosso. Il giovane Bob sente che c’è bisogno di civiltà, non si può vivere nel gelo, nel freddo, cercando ogni notte una casa per dormire. “Ma perché allora -gli chiede Lalla- non ti ritiri?”. Forse -ammette lui- non sarebbe entrato nei partigiani se un suo vecchio amore gli avesse detto sì. “Ma -aggiunge- non ho giocato con te”.
Sullo sfondo scorrono immagini di soldati col fucile, di città distrutte, di donne sorridenti nel giorno della Liberazione. La regia dello spettacolo porta la firma di Michelangelo Fetto, che ha ricordato il grande impegno su questa tematica di Giuliano Montaldo, regista da poco scomparso, mentre il presidente dell’Anpi, Amerigo Ciervo, ha sottolineato l’importanza della memoria. “Vogliamo ricordare -ha concluso- senza retorica. Questo testo, recitato da attori giovanissimi, ci incoraggia a non perdere la speranza”.
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