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Cercando il Paradiso con ironia tra pecore, volpi e cinghiali - Le domande surreali di "Quasi una serata" al Mulino Pacifico
 

sab 06-04-2024 16:18 n.442, a.e.

Cercando il Paradiso con ironia tra pecore, volpi e cinghiali

Le domande surreali di "Quasi una serata" al Mulino Pacifico


Un uomo con la camicia a quadretti approda in Purgatorio e chiede quanti anni deve aspettare per passare in Paradiso. Ma l’addetta agli smistamenti non si cura di lui, non vuole parlare, continua a scrivere a macchina. La scena è popolata da tanti animali imbalsamati, dalla pecora alla volpe, dal cinghiale al nibbio. Al povero Nelson viene comunicato che per il Paradiso ci vogliono migliaia di anni. Con questo quadro cupo, chiamato non a caso “Aspettando”,  comincia “Quasi una serata”, al Mulino Pacifico.

Il testo è di Ethan Coen ed è interpretato con scioltezza da una compagnia di Como, composta da Stefano Annoni, Paui Galli, Simone Severgnini e Davide Marranchelli, che ne cura anche la regia. La vicenda si snoda tra speranze e docce fredde. Il tempo dell’attesa si allunga sempre di più. Il Paradiso si allontana. Perché anche nell’Aldilà c’è carenza di personale. Passa l’ultima navetta e non c’è più speranza di raggiungere i lidi eterei della salvezza eterna. Basta una bestemmia per nuove condanne.

Il dialogo tra l’umano e il divino è dissacrante. Le domande che si pongono gli attori sono senza risposte. Quell’immenso porto celestiale tanto ambito da tutti è solo un sogno?  C’è ancora un lume in fondo al tunnel? La riflessione continuerà nel secondo quadro, intitolato “Quattro panchine”. La morte di Sasà, investito da un’automobile, è suggellata dalla disperazione della madre. “Aveva tre figli  -esclamerà- la sua fine sconvolge tutto. Non ho sentito una parola pronunciata col cuore”.

L’ironia diventa sempre più sottile quando si apre il “Dibattito”. Sulla scena irrompono due figure di Dio, quello che condanna e giudica e quello più evangelico e comprensivo. Si scontrano con violenza. L’uno uccide l’altro e poi si suicida. Siamo al paradosso. Che fine hanno fatto i Dieci Comandamenti?  Se il germe dell’odio alligna anche nei cieli, quale speranza c’è per l’umanità? Il progresso è segnato da tante robe strane. Ma basta lamentarsi, perché voi spettatori siete la prospettiva.

Scatta una critica pungente ai piercing, quegli anelli di metallo, messi anche alla vulva. Gli attori coinvolgono il pubblico, che invitano a tendere una mano. Chiedono a tanti di raccontare le loro prime volte a teatro. Chiamano sul palco la spettatrice Ornella Verusio, che accetterà con grande disinvoltura. Si gioca sulla funzione liberatoria del teatro, anche se abbiamo raccontato un “ammasso di stronzate”. Ma è importante che voi siate qui, abbandonando per una sera Netflix e il Grande Fratello.





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