Dal piazzale della Stazione Centrale al luogo dove fu uccisa Esther Johnson. Un piccolo corteo colorato, con tanti fiori, bandiere della pace, con le insegne di tante associazioni, da Libera alla Cgil, agli Scout cattolici e laici, per ricordare e chiedere giustizia per quella donna venuta dalla Nigeria, finita vittima dello sfruttamento della prostituzione. Proprio nel giorno dell’assassinio, avvenuto il 14 giugno 2016. Per Esther che aveva 36 anni ed era madre di un ragazzo di 13 ed ora riposa nel cimitero di Benevento.
“Siamo noi la sua famiglia -rileva Michele Martino di Libera- abbiamo il dovere di non dimenticare e di continuare a chiedere giustizia. L’inchiesta per scoprire chi l’ha uccisa è ferma, ma non abbandonata. Esther era schiava di un sistema camorristico, che gestisce la prostituzione a Castel Volturno, come probabilmente a Benevento e nel Sannio. Vogliamo che la sua storia continui a scuotere le coscienze. Per questo la ricordiamo in modo collettivo. Per regalarle quella gentilezza che non ha ricevuto in vita”.
I manifestanti, in gran parte giovani, arrivano facilmente sul posto dove fu trovato il corpo di Esther. Siamo a pochi metri dalla ferrovia e si vedono i treni passare. C’è l’erba alta tutt’intorno, si cerca uno slargo per depositare i fiori. Chi porta rose e garofani, chi gladioli e girasoli, chi ortensie e begonie. Parlano le ragazze di “Fuori Tratta”. “Il fenomeno della prostituzione -denunciano- è diffuso anche nella nostra tranquilla città. Abbiamo incontrato trenta donne finite per strada. Il fenomeno è chiuso negli appartamenti e lo sfruttamento avviene anche via social. Per loro abbiamo aperto la Casa di Esther”.
Gli scout e quelli dell’Azione Cattolica raccontano le storie di altre donne africane, sbarcate in Italia, per fare le parrucchiere o le commesse, ma costrette a prostituirsi per restituire migliaia di euro ai loro sfruttatori. “Il problema è legato all’accoglienza -aggiunge Martino- perché sbarcare non è sufficiente, senza una politica europea di integrazione. Si dice una volgarità definendo la prostituzione “il mestiere più antico del mondo”. Quale donna venderebbe per mestiere il proprio corpo?”.
C’è chi legge poesie. Per la Cgil c'è Antonella Rubbo, che riflette sulle donne e i pregiudizi. “Ci dicono fragili -osserva- ci dicono deboli, seguendo vecchi stereotipi. Ma le donne sono un mare in tempesta, guerriere di un futuro di uguaglianza in una danza di vita”. C’è l’associazione “Nati per leggere” con Giovanna Megna, che mostra un libro di Beatrice Zerbini, con immagini di Sonia Maria Luce Possentini, e scandisce “Padre Nostro, scendi dai cieli e liberaci dalle paure”. Il saluto ad Esther si chiude sulle note di Miriam Makeba, la cantante africana morta nel 2008 a Castel Volturno.
Con Alfonso, ispettore della Polizia Ferroviaria, raggiungiamo il posto esatto dell’assassinio. La donna veniva tutti i giorni da Castel Volturno. “Quel tragico pomeriggio -fa sapere- fui io a trovare il corpo di Esther, dopo la segnalazione del macchinista, che aveva notato la sagoma. Potevano essere le 17 e trenta. Era seminuda con le calze abbassate. La cosa che più mi sconvolse fu la sua testa ricoperta dai vermi. La morte, forse, era avvenuta da otto ore. L’assassino aveva pianificato tutto, uccidendola con sette colpi di pistola”.
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