“Ci sono luoghi che parlano una lingua silenziosa, in grado di arrivare direttamente al cuore”. Ci sono voci da ascoltare. Basta fermarsi un po’, per sentirle. Fremono e premono perché qualcuno prenda carta e penna e cominci a scrivere le loro storie. Sono spesso vite vissute “ai margini del mondo e della storia”. Sul sentiero della memoria è fiorito il libro “Marginali esistenze”, scritto da Amerigo Ciervo e pubblicato da Guida Editori. Seguendo un filo rosso che si dipana dal 1647 al 1952.
La famiglia dell’autore comincia con Salvatore il bracciante, che “se fosse vissuto a Napoli, sarebbe stato di sicuro un lazzaro”. La svolta sociale avviene con Nicola, che diventa corriere e “con un mulo poderoso trasporta da un paese all’altro, farina ortaggi e frutta”. Il grande albero genealogico è fitto, sulle pagine scorrono eventi lieti e tristi, matrimoni e morti, squarci di vita quotidiana, amori nati nei campi al tempo della mietitura, tra canti di grilli e cicale. Tra stagioni e generazioni.
Il romanzo si muove sempre su uno sfondo storico, abbraccia le epoche della Rivoluzione Napoletana, della Grande Guerra, del Fascismo e della rinascita. Le vicende partono da Moiano, in provincia di Benevento, dove è nato lo scrittore, ma sono intrecciate con gli avvenimenti dell’Italia del Sud. Il linguaggio è ricco di parole dialettali, di proverbi contadini, di massime in latino, spunti politici e filosofici. Un mosaico suggestivo, costruito “come un presepio dentro il tempo della mia esistenza”.
I riflettori sono sempre accesi sulle disuguaglianze e sulle ingiustizie. “I magnifici -scrive Ciervo- governano la vita economica, prestano carlini, distribuiscono terre, fottono le donne, mentre le esistenze marginali continuano a guadagnarsi il pane con il sudore della fronte. Perché il possidente, il galantuomo nulla ha da temere da quei poveri cristi, che, fin dalla nascita, hanno imparato a togliersi il cappello davanti ai signori”. Ma nella sua famiglia qualcuno comincia a credere nella possibilità di cambiare.
C’è Giuliana che è convinta che “il miglioramento, la crescita arriva solo uscendo dall’analfabetismo e dall’incultura”, e soprattutto c’è Armando, lo zio partigiano. “Tra le tante carte -rileva Ciervo- era spuntato un curioso cartoncino rosa, che gli era stato rilasciato dal Corpo Volontari della Libertà. Era la prova della sua partecipazione alla Resistenza col nome di Ugo”. Nel racconto trovano spazio i tragici giorni dei bombardamenti del 1943 a Benevento e la “Marcia della Fame” del Fortore.
Il ritmo narrativo è coinvolgente. Perché “Marginali esistenze” è soprattutto un romanzo d’amore per la storia, la memoria, per Corradino e Rosa, i suoi genitori. L’autore vuole celebrare “la sacralità dell’esistenza”. Tutte le vite scoperte in quel povero “armadio delle meraviglie” della sua canonica, dove un giorno di luglio volle andare a ficcare il naso per riscoprire le sue radici e dare voce alle “anime pezzentelle”, “rinchiuse sotto i pavimenti delle chiese, nei libroni degli archivi e che ci portiamo sempre con noi”.
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