 La facciata del Duomo squarciata, l’ospedale San Diodato abbattuto, piazza Cardinal Pacca ridotta ad un cumulo di macerie, Porta Gloriosa scomparsa, l’ampia area di fronte alla Cattedrale rasa al suolo. Case semplici e fabbriche, chiese antiche e piccoli agglomerati di vicoli, con duemila vittime civili disseminate sotto un ammasso di detriti e cemento. Questi luoghi simbolo di Benevento, cancellati dalla faccia della terra dai bombardamenti del 1943, rivivono in una mostra fotografica a Palazzo Paolo V.
Per ripercorrere quelle giornate drammatiche, l’Associazione Nazionale delle Vittime Civili della Guerra ha promosso un incontro di riflessione sull’importanza della pace, molto attuale di fronte ai tragici avvenimenti dei nostri giorni, dall’Ucraina al Medioriente. “Il nostro motto -fa sapere Ersilio Derna, presidente provinciale- è “Stop alle bombe sui civili”, perché in tutte le guerre sono sempre le persone inermi ed innocenti a pagare il prezzo più alto, rispetto ai militari che combattono”.
Le immagini strazianti che vediamo in televisione ci riportano ai racconti dei nostri nonni, che sembravano inventati. “Oggi -continua Derna- è la "Giornata Nazionale delle Vittime Civili". Il titolo scelto,"La Storia fragile maestra", è significativo.Vogliamo promuovere la cultura della pace e il ripudio delle guerre”. Il primo febbraio di ogni anno ci saranno iniziative e celebrazioni in tutti i comuni. “A Pontelandolfo -annuncia il sindaco Valerio Testa- sarà illuminata d’azzurro la Torre Medievale”.
Quelle bombe cadute su Benevento furono il frutto di una studiata e spietata risposta degli Alleati alle occupazioni tedesche. “Quando il bombardamento -spiega la storica Gabriella Gribaudi- fu accettato come arma di guerra, tutta la popolazione era considerata il “nemico”. Gli Americani e gli Inglesi decisero tra il 1940 e il 1942, che era giunta l’ora di dare una spallata all’Asse, per impedire ai nazisti di soggiogare tutta l’Europa. Cominciarono a bombardare le città del sud, Napoli e Benevento”.
La Campania si venne a trovare così tra le violenze tedesche e i bombardamenti dal cielo. Nel capoluogo sannita le prime bombe furono sganciate nel mese di agosto, perché si voleva distruggere il Ponte sul fiume Calore, importante via di collegamento e di trasporto per armi e vettovagliamento. “Si bombardava -aggiunge Gribaudi- per provocare un collasso morale, poi per classi e quartieri, le vittime civili erano considerate semplicemente, come oggi, un danno collaterale”.
La studiosa insegna all’Università di Napoli ed è autrice del libro, “Guerra totale”- Tra bombe alleate e violenze naziste. Napoli e il fronte meridionale 1940-1944”, pubblicato per Bollati Boringhieri. Per il sacrificio dei suoi abitanti, Benevento ricevette la Medaglia d’Oro al Valor Civile, consegnata nel 1967 da Giuseppe Saragat, presidente della Repubblica dell’epoca. “Gli americani - evidenzia Gribaudi- non si sono scusati mai abbastanza per le migliaia di vittime provocate”.
Quei momenti furono ancora più tragici, perché dopo l’armistizio dell’8 settembre, la città fu abbandonata a se stessa dalle istituzioni. “Le foto in mostra -rileva Nello Pinto, tra i promotori dell’iniziativa- raccontano com’era bella Benevento”. “Dobbiamo ringraziare l’artigiano Giuseppe Di Gioia -dice Rofina Crafa- per aver restaurato con amore quelle immagini “terremotate”. “Le foto parlano più di tante parole -conclude l’assessore Antonella Tartaglia Polcini- coltiviamo la pace e la nostra identità”.



|