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Direttore Antonio Esposito

Paolo Fresu suona per Chet Baker - Musica e vita di un artista fragile
 

sab 17-07-2021 18:56 n.58, a.e.

Paolo Fresu suona per Chet Baker

Musica e vita di un artista fragile


Suono dolce, suono veloce, suono gridato, suono soffiato. La tromba di Paolo Fresu, accompagnata al piano da Dino Rubino e dal contrabbasso di Marco Bardoscia, ci ha portati nel mondo di Chet Baker, nelle sonorità di uno dei personaggi simbolo del jazz mondiale, vissuto nel secolo scorso. Il concerto, svoltosi al Teatro Romano di Benevento, ha concluso in grande stile la rassegna “Sannio Music Fest”, organizzata dal Napoli Jazz Club, che ha visto l’esibizione di nomi eccellenti come Sergio Cammariere, Tosca e Danilo Rea.

I tre musicisti hanno suonato come se il trombettista americano, morto nel 1988, fosse lì con loro, come se lo stessero accompagnando. Per approdare a questo progetto, chiamato “Tempo di Chet”, Paolo Fresu e i  suoi due partner  avevano ideato tre anni fa un racconto scenico, una piece teatrale, con la quale hanno girato  120 città italiane, per parlare di Chet come musicista e come uomo,nato in America nel 1929.

“Abbiamo realizzato questo spettacolo -ha ricordato il trombettista sardo- col Teatro Stabile di Bolzano, con otto attori e tre musicisti, ricostruendo il palco di uno jazz club. Con le parole dei suoi amici, delle sue compagne e mogli abbiamo raccontato la vita di un artista e di un uomo, fragile, difficile, complicato, tant’è che è morto ad Amsterdam in circostanze misteriose. Non si sa se sia caduto dalla finestra di un albergo o se sia stato gettato. Ma questo conta poco. Quello che importa è la musica che è rimasta, il suono della sua tromba e della sua voce, perché Chet era anche un grandissimo cantante”.

Il concerto al Teatro Romano è cominciato con la famosissima “My funny Valentine”, poi è continuato con un brano dello stesso Fresu. “Si chiama “Hotel Universo”- ha spiegato il trombettista- che ho dedicato ad un albergo di Lucca, dove ho dormito una notte e, guarda caso, nella mia camera c’era la foto di Chet che mi guardava”. Le musiche sono state elaborate, in maniera originale dal trio, proprio in un dialogo immaginario con Baker. Questa impostazione romantica ha trovato il suo culmine, quando hanno eseguito “Chat with Chet”, scritto da Dino Rubino. Poi d’improvviso abbiamo ascoltato la sua voce registrata.

La tromba di Fresu, il piano di Rubino e il basso di Bardoscia hanno costruito una carovana di suoni delicati e raffinati, ruvidi e graffianti, salutata dal pubblico con scroscianti applausi e grida di giubilo. L’artista sardo ha espresso la sua emozione per essere tornato a calcare di nuovo il palcoscenico. “Non possiamo dimenticare quello che abbiamo vissuto -ha concluso Fresu- e che stiamo ancora vivendo a causa della pandemia. Siamo felici di essere qui. Grazie ai nostri compagni di viaggio, a quelli delle luci,  a quelli che lavorano dietro lo spettacolo, persone con professionalità incredibili, che hanno sofferto e sono state dimenticate più di tanti altri”. Poi è sceso dal palco in platea, per l’ultimo brano.



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