 “Abbiamo bisogno di giornalisti giovani, coraggiosi e curiosi. Come diceva il mio maestro Roberto Morrione, “non si può fare buon giornalismo se non si ha dentro di sé l’amore per la cosa pubblica”. Negli ultimi anni, fare giornalismo d’inchiesta nel contesto italiano è molto complicato. Perché significa affrontare querele, minacce, richieste di risarcimento danni milionari. E’ una forma di letteratura epica. E’ come trasformarsi in un pastore maremmano, che indica la strada da percorrere nelle difficoltà”.
Così racconta la sua vita “spericolata” di giornalista d’inchiesta, il conduttore di Report, Sigfrido Ranucci, presentando il suo libro “ La Scelta”, presso l’Università “Giustino Fortunato”, per iniziativa dell’Associazione “Altrabenevento”. "Il Rapporto dell’Associazione Ossigeno - afferma Ranucci- pubblicato nell’anniversario della morte di Ilaria Alpi, rivela che negli ultimi cinque anni in Europa sono stati uccisi 5 giornalisti. In Italia sono 516 quelli minacciati, 170 sotto tutela e 22 sotto scorta”.
L’Aula Magna è strapiena. L’incontro, moderato da Gabriele Corona di Altrabenevento, offre l’occasione di conoscere i retroscena di tante inchieste realizzate da Report. Dalla guerra in Iraq, con l’utilizzo del fosforo bianco, alle Torri Gemelle, dal Crac Parmalat alla Ndrangheta a Verona. “Le recenti leggi approvate dal governo -rileva Ranucci, che vive sotto scorta- non facilitano il nostro lavoro. Come, ad esempio, quella che non consente di pubblicare i nomi delle ordinanze cautelari prima della sentenza”.
Le barriere che s’incontrano sono tante. Ci vuole una grande determinazione per andare avanti. Le querele accumulate da Report sono quasi duecento. “Noi abbiamo tanti record -osserva Ranucci- ci ha querelato l’intero partito di Fratelli d’Italia, quando dicemmo che il 50 per cento degli arrestati per mafia veniva dalle loro file. Chiamarono un’agenzia per contarli e risultò che erano solo il 20 per cento. Abbiamo ricevuto denunce da La Russa, da Giorgetti, dal ministro Urso, che "pesano" sulle scelte della Rai”.
Per fermarlo sono stati creati dossier e le accuse più stravaganti. “Mi hanno fatto passare -dice Ranucci- per uomo dei servizi segreti italiani, poi di quelli cinesi e russi, come amico del Cremlino. Il contatto con la gente mi dà energia. Io ho la fortuna di avere alle spalle una grande azienda. Ma c’è bisogno della stampa locale, perché è l’anticorpo che può intercettare prima il male. Difendiamo il diritto ad essere informati correttamente, per poter fare scelte consapevoli. Non dobbiamo consentire a nessuno di renderci infelici”.

|