Le riflessioni di Nicola Sguera su Dio, il mondo, la poesia, la famiglia "Dobbiamo tornare a pensare per fermare il trionfo della forza"
Direttore Antonio Esposito
 

mar 05-04-2022 n.161, a.e.

Le riflessioni di Nicola Sguera su Dio, il mondo, la poesia, la famiglia

"Dobbiamo tornare a pensare per fermare il trionfo della forza"


"Dobbiamo tornare a pensare, per insorgere contro la pesantezza del mondo, il trionfo della forza, le potenze diaboliche, il nichilismo. Ora sono come un "viator" che cerca una spiritualità libera. Mi definisco diversamente credente. Non sono nella disperazione giovanile, quando tutto mi appariva oscuro e senza senso. La mia attuale fede è una speranza”. Questo il fulcro delle riflessioni di Nicola Sguera, condensate con agile andamento nel suo libro dal titolo intrigante “Pensiero in sorgente”,  pubblicato per le edizioni Delta 3 di Grottaminarda e presentato nell’Auditorium dell’ex Seminario.

Il suo approdo è il frutto di una lunga meditazione sulle principali tappe della sua vita. Dall’infanzia all’adolescenza, dall’esperienza scolastica al ruolo di padre. L’autore, che insegna storia e filosofia al Liceo Classico di Benevento, “dialoga” coi filosofi che più ama, da Platone ad Heidegger, scrive lettere ai giovani per contrastare il pessimismo, parla di Dio, arrivando alla conclusione che la “fede non ha nulla a che fare col fondamentalismo”. E qui lancia una frecciata alla propria città. “Essa cambierà -afferma- quando  cambierà il suo modo di vivere il cristianesimo, senza derive magiche o piolatre”.

Un suo ex alunno, oggi docente, Davide De Rei, ha ricordato i tratti salienti del suo metodo scolastico. “Al mio ultimo anno di liceo -ha raccontato- ero uno studente in crisi. Con l’arrivo di Sguera le cose cambiarono, la materia fu ravvivata da cinema, musica e fumetti. Mi ha insegnato l’esercizio del dubbio. Dietro di me risuona ancora l’eco del suo messaggio: “Non ti disunire”. La concezione della scuola “come estensione dell’ambiente familiare” è presente anche nel libro. “La scuola deve essere il luogo -sottolinea l’autore- in cui impariamo a diventare uomini. Pensarla come un’azienda è stata la sua rovina”.

Il dialogo sui contenuti del testo è stato animato da Amerigo Ciervo, amico e collega di Sguera, che ha elogiato il suo sincero approccio nell’affrontare tematiche ardue e intimistiche. ”Nicola continua la sua inquieta ricerca -ha sottolineato Ciervo- questa volta mette a nudo il suo cuore. Per me è come una sorta di sentinella che sorveglia sulla notte ed è pronto ad annunciare l’alba”. Alla presentazione ha portato il proprio contributo anche l’arcivescovo di Benevento, Felice Accrocca.

“Io tutto sono tranne che filosofo -ha detto il prelato- vedo che l’autore ha una grande empatia col creato. Si capisce che l’ateismo non è cosa per lui. Oggi egli è un cristiano senza chiesa, ma si augura un nuovo inizio in cui l’ascolto prenda il posto del dominio. Apprezzo molto  la sua concezione della poesia come salvezza e il riconoscimento della funzione benefica del sogno e dell’utopia”.

Quando ha preso la parola, Sguera ha squadernato tutta la sua “esigenza esistenziale”, che lo ha spinto a raccogliere questi scritti occasionali, ha descritto la bellezza dell’immagine di copertina, che riporta un’opera di Mimmo Paladino, installata sull’acquedotto di Solopaca, e rappresenta un rabdomante che cerca la sorgente, la fonte, l’acqua “principio del pensiero occidentale”. Nel libro spiega per la prima volta il difficile rapporto col padre e perché è diventato vegetariano e poi vegano.

La parte autobiografica è molto intensa e sentimentale. Lo fa capire con dolcezza nella serata della presentazione. “Resto attaccato –ammette- come una pianta a questa città, innamorato di ogni sua singola pietra. Qualunque cosa sia, poeta, intelletuale o professore, io sono di provincia". Quando, nel testo, si confronta col divino e la famiglia, allora apre tutte le porte dell'anima. “Ascolto Dio che mi parla -rileva- e gli rispondo, ascolto mia moglie e i suoi bisogni, ascolto mia figlia che piange e le rispondo con un’azione, ascolto i bisogni dei miei studenti e agisco di conseguenza. Ascolto il mondo: questo forse è la poesia. Non sguardo, ma ascolto”.

Nelle prime pagine c’è un breve accenno alla militanza nel Movimento Cinque Stelle, nelle cui file, nel 2016, fu eletto al consiglio comunale di Benevento. “Ero persuaso che davvero –scrive – fosse possibile quella che definivo una “rivoluzione gentile”. La sconfitta è stata dolorosa. L’esperienza è stata stroncata dallo scellerato accordo di governo con la Lega”. Nonostante ciò non bisogna tirare i remi in barca. “Siamo soldati di una lunga guerra -aggiunge- che si combatte anche con le parole. Abbiamo perso molte battaglie. Altre ci attendono. La guerra è lunga. Non avrà mai fine”.

Sulla scia di Machiavelli, che spronava gli italiani a liberarsi dei barbari,  Sguera si domanda se anche oggi non sia il momento di un nuovo slancio. “E oggi l’Italia non ha raggiunto il punto più basso della sua parabola con una classe dirigente, a partire dal nostro territorio per arrivare ai grandi decisori politici, priva non solo di autorevolezza, ma anche di credibilità minima?”. Il libro è ricco di pensieri lunghi. L’autore vorrebbe che diventasse un pretesto per un incontro con chi l’avrà letto.

Per scacciare le fosche nubi della crisi economica ed ecologica che stiamo vivendo, Sguera insomma immagina una possibile rigenerazione dell’uomo, da padrone e misura di tutte le cose a custode e pastore della terra. “Qualcosa -avverte- in qualche luogo che ancora non sappiamo sta nascendo per portare al mondo una rivoluzione che ci ridoni la nostra “umanità” spodestata dalla Tecnica. E’ tempo di tornare ad abitare poeticamente la nostra Terra-Patria, con umile e riconoscente atteggiamento filiale. Il mio auspicio è contribuire in questa piccola provincia dell’Italia, alla salute dell’uomo, alla sua rinascita”.

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